E’ stata scoperta una nuova proteina responsabile dell’allergia alle nocciole, soprattutto nei bambini. Una scoperta non da poco tenendo conto che la nocciola è il frutto più utilizzato per quanto riguarda le creme spalmabili, quindi le merendine, i gelati, torte, biscotti e via discorrendo. Lo studio, come riferisce IlFattoQuotidiano.it, è stato condotto dalla dottoressa Giovanna Monti del Servizio di Allergologia pediatrica della Pediatria (diretta dal dottor Marco Spada), del Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino (diretto dalla professoressa Franca Fagioli), in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del Cnr di Torino, coordinati dalla dottoressa Laura Cavallarin e condotti dalla dottoressa Maria Gabriella Giuffrida.
E’ stata così isolata una nuova proteina allergenica di nocciola dalla frazione oleosa del frutto, chiamata oleosina, dimostrando che per alcuni bambini era proprio questo l’unico allergene responsabile dei sintomi allergici.
NOCCIOLE, SCOPERTA LA PROTEINA CHE CAUSA L’ALLERGIA: 890MILA ALLERGICI IN EUROPA
Una scoperta molto importante in quanto permetterà di individuare con maggiore facilità l’allergia alla nocciola, molto diffusa in Italia e soprattutto in Piemonte, e soprattutto, permetterà di scoprire l’allergia anche in quei pazienti che risultano essere negativi ai test al momento in circolazione. Lo studio è stato effettuato su 37 bambini dai 2 ai 17 anni allergici alla nocciola, e lo scorso 19 giugno è stato pubblicato sulla rivista scientifica Pediatric Allergy and Immunology.
In Europa sono circa 890mila le persone allergiche alle nocciole, di cui 20mila bimbi e adolescenti in Italia, e le reazioni provocate possono essere lievi ma anche pericolose per la vita. Stando a quanto raccolto dal Registro Europeo dell’anafilassi, la nocciola è il secondo alimento dopo l’arachide che causa delle severe reazioni allergiche nella fascia d’età 6-12 anni, nonché il terzo in quella prescolare, dai due ai 6 anni. Ecco perchè, come spiegato sopra, la scoperta dei ricercatori italiani è decisamente rilevante.