In guerra con l’Ucraina, la Russia ha gradualmente chiuso le turbine a gas ai Paesi europei. Dopo aver drasticamente ridotto le sue consegne in Germania, Austria e Italia, Mosca non consegna più a Francia, Polonia e Bulgaria. Questa lenta asfissia, che mette a repentaglio l’approvvigionamento di gas di una Ue ultra-dipendente alla Russia (45%), accelera la ricerca di alternative.
Navigando su un mercato promettente e una situazione favorevole alle esportazioni, l’algerina Sonatrach sta studiando la possibilità di aumentare i prezzi del gas per gli acquirenti europei. Il produttore pubblico algerino di petrolio e gas vuole rinegoziare i suoi contratti a lungo termine con gli acquirenti europei. I principali piani africani sono di rivedere i prezzi verso l’alto con i gruppi collegati alle strutture algerine di Béni Saf attraverso il gasdotto sottomarino di Medgaz. In questo caso, gli spagnoli Naturgy, Cepsa ed Endesa, i francesi Engie e i portoghesi Galp.
Terzo più grande fornitore di gas in Europa con l’11%, Sonatrach è consapevole della volatilità dei prezzi e del desiderio dell’Ue di ridurre la sua dipendenza dalle importazioni russe per evitare uno shock di gas prima dell’inverno. Proprio per questo la multinazionale algerina sta rinegoziando i vecchi contratti con gli europei indicizzandoli al prezzo del gas sul mercato spot e non al prezzo del petrolio. E dal momento che i Paesi europei stanno acquistando sempre di più Gnl da Paesi come il Qatar o come gli Stati Uniti, non si ha alcuna ragione economica per cui la multinazionale algerina debba vendere il proprio gas a un prezzo più economico.
A tale proposito non dimentichiamoci che un anno fa un metro cubo di gas costava 20 centesimi, oggi costa 1 euro. Mentre ci sono voluti 2 miliardi di euro per immagazzinare 10 miliardi di metri cubi, ora ce ne vogliono 10. Tutto ciò costituisce un vantaggio per Algeri, il cui settore degli idrocarburi, un pilastro della sua economia, rappresenta il 96% delle sue esportazioni, il 60% delle sue entrate di bilancio e quasi la metà del suo Pil, secondo i dati della Banca mondiale.
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