Il Legislatore con la legge 28 marzo 2022 n.25 (cd Decreto sostegni) ha finalmente semplificato l’ingresso e la permanenza in Italia dei cosiddetti lavoratori e lavoratrici nomadi digitali, cioè lavoratori da remoto che ovviamente non sono né in telelavoro, né in smart working, ma che sono stranieri legittimamente riconosciuti dalla legge 189/2002 come extracomunitari in ingresso e soggiorno sul territorio nazionale con permesso per motivi di lavoro.



Annualmente, a norma della legge 286/1998 n. 21con Decreto del presidente del Consiglio vengono definite le quote massime di ingresso nel Paese di stranieri per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, o di lavoro autonomo e in particolare l’art 5 del TU lega l’ottenimento del permesso di soggiorno per motivi di lavoro alla stipula del contratto di soggiorno per lavoro. Con la legge n. 25 del 28 marzo 2022 l’art 6 quinquies, comma 1 lettera a, ha aggiunto all’elencazione dei destinatari l’introduzione della categoria dei nomadi digitali e lavoratori da remoto, non appartenenti all’Unione europea. La norma profila la figura del nomade digitale come cittadino di un Paese terzo che svolge attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare in via assolutamente e solamente da remoto, autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano. 



Via semplificata dunque per l’accesso e la permanenza previa acquisizione del visto di ingresso rilasciato per un periodo non superiore di un anno e nel caso svolgano l’attività in Italia non è richiesto il nulla osta al lavoro e il permesso di soggiorno. La procedura è condizionata ad alcuni elementi (possesso di un’assicurazione sanitaria privata, rispetto delle disposizioni fiscali e contributive), rimangono però delle incertezze su come il contratto del nomade digitale, in rapporto al sistema delle Convenzioni Internazionali stipulate con l’Italia solo con alcuni Paesi, riguarderà la parità di trattamento, l’applicazione della legislazione nazionale di sicurezza sociale del luogo dove si svolge il lavoro anche se, in base al principio di territorialità ha diritto alla tutela infortunistica e tecnopatia (ex. art 38 Costituzione che prevede l’irrilevanza della nazionalità e cittadinanza del lavoratore). 



Comunque, secondo la norma in esame, sarà un Decreto interministeriale che definirà i criteri e cioè dobbiamo attendere questo passaggio e queste regole afferenti ai requisiti oggettivi e soggettivi (categorie, requisiti, limiti di reddito, modalità per le verifiche, ecc.) necessari a usufruire della semplificazione dell’iter burocratico per l’accesso e il soggiorno in Italia perché sono ancora da scrivere. Comunque questa modalità lavorativa non è né da contemplarsi come smart working, né south working o remote working, perché per nulla assimilabile al lavoro agile o smart working così come definito dagli art 18 ss ,legge 81/2017, che è espressamente una modalità di esecuzione del rapporto subordinato di lavoro stabilito mediante accordo tra le parti eseguito in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa. 

L’attrazione di professionisti autonomi svolgenti attività altamente qualificata e digitalmente evoluta è un’opportunità per le nostre imprese a condizione che sia sempre svolto fuori dall’azienda: dunque attendiamo il decreto interministeriale sapendo che la forma di lavoro totalmente remotizzata comporterà un’attenzione particolare tra lavoratori e lavoratrici con modalità diverse, ma rappresenta in virtù della clausola fiscale e contributiva un patrimonio elevato per l’intero sistema poiché il principio di territorialità prevede che per l’erario il nomade digitale che versa le tasse allo Stato italiano è per l’Agenzia delle Entrate disciplinato come tassazione del reddito di lavoro dipendente e tutti i benefici a essa collegabili come ferie, festività, riposi, ecc. considerati giorni utili alla retribuzione. 

I nomadi digitali sono tutelati dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali a cui aderiscono il 9% di giovani millenials, in maggioranza il 64% sono donne laureate, gli over 50 sono il 27%.

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