I termini “nome di battesimo” e “cognome” sono da abolire. A sostenerlo è la University of Kent, di ideologia fortemente WOKE, in quanto ritiene che essi siano “poco inclusivi” e a tratti anche “discriminatori”. La presa di posizione, come riportato dal The Sun, ha creato non poche polemiche nel Regno Unito, dove in molti considerano estremiste queste considerazioni.
Le raccomandazioni al non utilizzo dei due termini sono apparse nella “Guida al linguaggio inclusivo” pubblicata sul sito web dell’Università, che promuove l’uguaglianza, la diversità e l’inclusività. I vertici dell’Ateneo sostengono che la dicitura del “nome di battesimo” possa essere applicata esclusivamente a coloro che sono cristiani, in virtù della citazione al sacramento. In merito a “cognome”, invece, il riferimento è alla parola in inglese, “surname” (sire-name), che richiama esclusivamente al padre ed è dunque discriminatorio nei confronti di coloro che portano il cognome della madre, oltre a rafforzare il pregiudizio di una società dominata dagli uomini.
“Nome di battesimo” e “cognome”, termini da abolire: ecco perché
Le motivazioni della University of Kent in merito al perché i termini “nome di battesimo” e “cognome” sono da abolire non hanno convinto la maggior parte della popolazione del Regno Unito. L’Ateneo ha provveduto a ribadire che si tratta soltanto di alcune “linee guida” e non di una “politica”, ma ciò non è stato sufficiente a placare la polemica.
A tal proposito, Toby Young, fondatore della Free Speech Union, ha affermato che la “Guida al linguaggio inclusivo” è la manifestazione di un “movimento che sta cercando di ripulire la lingua inglese dai termini ritenuti offensivi” e che il fenomeno è stato importato dagli Stati Uniti al punto che “si può dire che siamo stati colonizzati”. L’esperto ha addirittura evidenziato una deriva totalitaria in ciò che sta avvenendo. Anche i cristiani non hanno apprezzato la questione relativa al “nome di battesimo”. A parlarne è stato Tim Dieppe, capo delle politiche pubbliche di una no-profit evangelica, che ha affermato come l’Università mostri “una paura irrazionale di usare il termine ‘cristiano’, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi”.