Nel dare notizia dei nuovi vertici della Rai (Roberto Sergio Amministratore delegato e Giampaolo Rossi Prossimo Direttore generale), l’Ansa ricorda che Sergio è sempre stato grande amico di Casini e con una reputazione bi-partisan, mentre Rossi è plenipotenziario per i media di Giorgia Meloni, con l’incarico di “garantire la pluralità delle narrazioni, il racconto della nostra nazione nelle sue diverse forme di espressione, garantendo il principio fondamentale della libertà”.
Detta così, per chi conosce la Rai, sembra davvero una “mission impossible”. Perché? Dopo l’era Bernabei, che tutti ricordano per la qualità dei programmi, come avvenuta nella cultura nel suo complesso, la Rai ha decisamente virato a sinistra, con tutte le sue striature e sfumature. Applicando alla lettera la profezia di Pasolini: “Profetizzo l’epoca in cui il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare un nuovo potere omologato, per creare una Nuova Inquisizione, per creare un nuovo conformismo. E i suoi chierici saranno chierici di sinistra”.
La Rai è stata la prima a essere occupata. Perché poteva fare la fortuna di giornalisti, anchorman, programmisti, dirigenti e direttori, e, soprattutto, finanziare cinema e case di produzione, il tutto appartenente allo stesso giro di un unico colore culturale.
Ne ho fatto diretta esperienza quando sono stato per quattro anni nel Cda dell’Azienda di Servizio Pubblico: per i 4/5 delle nomine, la precondizione era di appartenere a quel giro, non c’era verso.
Negli ultimi tempi la faccenda si è complicata, perché quel tipo di cultura si è mischiata con la cultura woke, anticipando il “pensiero Schlein”.
Basta ascoltare per qualche momento radio e tv per rendersi conto che dai più anziani ai più giovani conduttori la bussola culturale punta essenzialmente a un costante relativismo etico.
E per capire quanto non sarà facile la navigazione dei nuovi vertici, basta ascoltare gli alti lai di quanti hanno gestito per decenni un grande impero con tutto il suo ramificato indotto, occupando l’occupabile, e che ora hanno paura di vedersi sottrarre il giocattolo.
Il fatto nuovo è che i vertici appena nominati esprimono finalmente un’oggettiva competenza in ciò che dovranno governare, come da tempo non si vedeva: Roberto Sergio è una manager assai navigato, e la sua reputazione bi-partisan gli può essere certamente d’aiuto. Giampaolo Rossi, oltre che essere esperto anche degli aspetti più innovativi della comunicazione, è un manager di notevole cultura, non solo audiovisiva.
Potrebbero anche sorprenderci, ed è l’augurio più sincero che si può fare loro.
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