Al vostro vecchio Yoda sembrava di averle già viste tutte, per quanto riguarda la Rai. E invece no. Ripensandoci, si è accorto che è vero che quello che succede in Rai anticipa o rappresenta esattamente quello che capita all’Italia. Ma cos’è successo? È successo che con una mossa che nessuno si aspettava il presidente Draghi ha fatto indicare dal Mef i nomi dei futuri presidente e amministratore delegato della Rai. Non padroneggiando la materia, si è certamente affidato al sottosegretario Garofoli, espressione dell’establishment di area progressista (ha avuto ruoli di importanza via via crescente nei governi D’Alema, Prodi, Letta, Renzi, Gentiloni).
Infischiandosene di ogni logica manageriale (ahi ahi, presidente Draghi, questo confligge parecchio con la sua solida fama di supermanager…) alla presidenza viene indicata Marinella Soldi, con lunga esperienza professionale anche in campo televisivo, ma per un ruolo che di manageriale non ha nulla, essendo quello di presidente Rai un ruolo di mera rappresentanza senza alcun potere, come purtroppo ha dovuto capire Marcello Foa nell’ultima consiliatura. Secondo errore: al posto di comando viene indicato un professionista che viene dal piccolo mondo del teatro, dove le complessità sono meno di un centesimo di quelle del Servizio pubblico radiotelevisivo. Tutto semplicemente incomprensibile, se lo guardiamo con l’ottica che dovrebbe essere tipicamente quella di Draghi.
Chi conosce come il vostro vecchio Yoda come gira il fumo nelle alte sfere, appena il fumo si dirada, il quadro appare assai chiaro. In un momento di grande confusione politica, con grandi partiti che si liquefanno come neve al sole, il potere ce l’hanno i funzionari e i chierici. Oggi ce l’hanno quelli che ce l’hanno sempre avuto, quei “chierici di sinistra” che secondo Pasolini da incendiari sarebbero diventati pompieri e gestori assoluti della nostra vita. La Soldi è lì come quota rosa, ma non per poter mettere a frutto la sua esperienza. Giova ricordare che è sempre stata una sostenitrice dei valori arcobaleno, e che alla tv che ha gestito si può senz’altro dare la palma della tv più “disinibita” (eufemismo). Di Carlo Fuortes nulla si se non che appartiene sicuramente al giro veltroniano, il che vuol dire garanzia di appalti ai soliti produttori di fiction romani che guarda caso sono tutti amici della stessa parrocchia progressista.
Il quadro è dunque molto allarmante: l’ad non sembra proprio una figura di manager super partes, ma uomo pronto a eseguire il volere degli “eletti non eletti”. Mentre nemmeno la presidente è una personalità super partes, ben lontana dalla possibilità di svolgere quel ruolo di garanzia (che in realtà è solo un ossimoro e nessuno ha mai capito cosa volesse dire). Dal punto di vista culturale, nonostante non ne potessimo più dei personaggi arcobaleno infilati in tutti i programmi a tutte le ore, ne vedremo ancora di più, visto che il cuore dei nuovi arrivati palpita per i nuovi valori europei che piacciono tanto alla von der Leyen. E che a Yoda non sembrano affatto essere quelli di Schuman, Adenauer e De Gasperi.
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