L’ACCORDO SULLE NOMINE UE ESCLUDE MELONI: RESTA MARGINE SOLO SU SQUADRA COMMISSARI
«La logica del consenso viene scavalcata da quella dei caminetti»: è parsa piuttosto innervosita stamane in Parlamento la Premier Giorgia Meloni, l’indomani dell’accordo raggiunto in “segretezza” tra i negoziati di PPE, S&D e Renew per le nomine Ue da fissare al prossimo Consiglio Europeo. Con Ursula Von der Leyen (popolare) leader nuovamente della Commissione Ue, il portoghese Antonio Costa (socialista) al posto di Michel nel Consiglio Ue e l’estone Kaja Kallas (liberale) come Alto Rappresentante dell’Ue in politica estera, le nomine in ambito europeo sembrano definite e non paiono emergere altri schemi alternativi per il vertice Ue in arrivo il 27 e 28 giugno 2024.
Una esclusione di fatto completa per l’Italia di Giorgia Meloni e per quei 24 eurodeputati di FdI che avrebbero potuto far comodo a Von der Leyen per mettersi al riparo dai “franchi tiratori” nel PPE: per ora la logica scelta è andata invece sul rassicurare gli alleati-sponsor di Francia e Germania, ovvero il liberale Macron e il socialista Scholz, che avevano ribadito come nessun accordo con la destra andava programmato per la “nuova” Commissione Europea. Una ulteriore conferma dell’esclusione dell’Italia diretta arriva dal Premier spagnolo Pedro Sanchez, con Scholz tra i negoziatori del Partito Socialista nel valzer delle nomine: «domani stesso ratifichiamo un importante accordo che esclude l’estrema destra dalle maggioranze parlamentari nella Ue». L’accordo è sostanzialmente chiuso anche se restano forti perplessità sulla tenuta e i numeri effettivi che la maggioranza europeista avrà in Parlamento: ufficialmente i 399 eletti di PPE, S&D e Renew bastano e avanzano, ma per evitare di incappare nei “franchi tiratori” (la maggioranza richiesta per eleggere la nuova Commissione Ue è di 361 seggi) qualcosa ancora Von der Leyen dovrebbe inventarsi. All’Italia potrebbe giungere una vicepresidenza con incarico di “livello” per cercare di non avere scontro aperto a Bruxelles, ma la potenziale via “preferenziale” per il Ministro Fitto come nuovo componente del board Ue potrebbe non bastare per tenere “buono” Palazzo Chigi.
IRA MELONI IN PARLAMENTO: “CONVENTIO AD EXCLUDENDUM SULL’ITALIA, EUROPA COSÌ È FRAGILE”. COSA CHIEDE IL GOVERNO
Il perché lo si capisce dal tono utilizzato stamane dalla Premier Giorgia Meloni nelle sue comunicazioni al Parlamento proprio in vista del Consiglio Europeo di domani e venerdì: «Non mi stupisce che sia emerso prima durante e dopo la campagna elettorale un certo approccio ma nessun autentico democratico che creda nella sovranità popolare può in cuor suo ritenere accettabile che in Europa si tentasse di trattare sugli incarichi di vertice ancora prima che si andasse alle urne». La leader FdI e ECR non va per il sottile, dimostrando che l’accordo partorito dai tre grandi gruppi europeisti (neanche i primi tre visto che i Conservatori hanno superato Renew nel numero di eletti in Europarlamento, ndr) non sia particolarmente digerito da Palazzo Chigi.
«Le istituzioni Ue sono state pensate in una logica neutrale. Gli incarichi apicali sono stati affidati tenendo in considerazione i gruppi maggiori, indipendentemente da logiche di maggioranza e opposizione», attacca nuovamente Meloni sottolineando la “logica dei caminetti” usata per una «conventio ad excludendum» contro l’Italia. L’errore per la Premier è che con questa logica usata da Von der Leyen, Macron e Scholz la maggioranza che andrà a nascere sarà ancora più «fragile e destinata probabilmente ad avere difficoltà nel corso della legislatura è un errore importante non per la sottoscritta per il centrodestra o per l’Italia ma per un’Europa che non sembra comprendere la sfida che ha di fronte o la comprende ma preferisce in ogni caso dare priorità ad altre cose». Per avere una Europa meno ideologica e più concreta serve un cambio di passo politico, richiesto con forza ancora oggi dal Governo italiano: «Se c’è un dato indiscutibile che arriva dalle urne è la bocciatura delle politiche portate avanti dalla forze politiche al governo in molti della grandi nazioni europee, che sono anche in molti casi le forze che hanno impresso le politiche europee degli ultimi anni», ha detto ancora la leader italiana alla Camera dei Deputati.
Le urne alle Europee hanno raccontato un’elettorato disaffezionato (con bassissima affluenza) e critico su chi ha condotto l’Europa negli ultimi 5 anni: eppure, socialisti e liberali si ritroveranno a governare l’Ue con il PPE anche per la prossima legislatura, con l’unione del Centrodestra europeo che sembra ormai lontano anni luce. Meloni ricorda come le percentuali ottenute dai partiti di Governo alle ultime Europee in Francia, Germania e Spagna sia ai minimi (16% per Macron, 32% per Scholz, 34% per Sanchez) mentre il 53% del Centrodestra complessivo sottolinea la forza di negoziazione che vorrebbe avere Meloni con l’Italia a Bruxelles: «Chiunque ricoprirà gli incarichi apicali, in Europa tutti sanno quale è il ruolo che spetterà all’Italia, fondatrice e terza economia d’Europa, col governo più solido di tutti, ovvero un ruolo di massimo rango che intendo rivendicare», chiede ufficialmente una irritata Giorgia Meloni.