Dopo la fumata nera sulle nomine Ue un nuovo summit è previsto per oggi, alle 11. Non sono bastate oltre 18 ore di intensi colloqui e febbrili trattative per chiudere la partita sui posti chiave delle istituzioni europee, che resta complicata e aggrovigliata. “Dobbiamo cucire numerosi fili” ha spiegato Angela Merkel. Così la candidatura più accreditata, quella dell’olandese Frans Timmermans, sostenuto da socialisti, liberali e Verdi, per la Commissione Ue resta sì sul tavolo, ma appare indebolita dalle riserve manifestate da una decina di Paesi, soprattutto dell’Est Europa, più l’Italia. “Il criterio dello Spitzenkandidat – ha chiarito il premier Giuseppe Conte – sta incontrando difficoltà. Mi sembra un po’ difficile rimanere legati solo a questo criterio. Dobbiamo essere flessibili nella scelta del candidato giusto”. Ma cosa potrà succedere stamattina? E’ possibile una mossa del cavallo? Come si puà uscire dall’impasse? Lo abbiamo chiesto a Mario Mauro, già europarlamentare per Forza Italia e il Popolo della libertà e in questi giorni a Strasburgo come presidente del centro studi di analisi geo-strategica Meseuro.



Perché si è arrivati allo stallo attuale?

Essenzialmente per tre ragioni. La prima: il Partito popolare europeo, che pur rappresenta la maggioranza relativa in Parlamento, dopo il voto del 26 maggio, non ha comunque i numeri sufficienti a garantire al presidente eventualmente designato dal Consiglio europeo la presidenza della Commissione Ue.



Quindi il Ppe ha bisogno di un’alleanza?

Esatto. E l’alleanza che si sta negoziando in Parlamento è quella fra popolari, socialisti e liberali, che il Ppe vorrebbe però allargare ai Verdi, ma su questo trova l’opposizione di Macron. In ogni caso, all’interno di questa ipotetica alleanza, i liberali e i socialisti dicono di rappresentare la maggioranza della maggioranza. Ed è proprio per questo che non vogliono partire, come nome prescelto per la presidenza della Commissione, da un popolare, sia esso Manfred Weber o un altro, insistendo invece sul nome di un socialista. Addirittura chiedono anche la presidenza del Consiglio europeo per un liberale.



Un gioco che non piace ai popolari, giusto?

Il Partito popolare ha resistito; invece il governo espressione più importante dei popolari, cioè la Germania, sembrava aver dato il proprio consenso. E qui si passa alla seconda motivazione dello stallo.

Quale?

Nel Consiglio europeo un certo numero di Stati non ha accettato la proposta del pacchetto elaborato nell’alveo franco-tedesco e fra questi Paesi si è distinta particolarmente proprio l’Italia che, ancorché sotto scacco per la minaccia della procedura d’infrazione, ha sostenuto una posizione inoppugnabile dal punto di vista del metodo.

Vale a dire?

L’Italia non intende mettere in discussione la sovranità del Consiglio europeo sulla nomina del presidente della Commissione Ue.

E la terza ragione?

E’ la variabile geografica. Nella complessa gestione del pacchetto che deve garantire le nomine di presidente del Parlamento, presidente della Commissione, presidente del Consiglio, Alto rappresentante della politica estera e presidente della Bce, i Paesi dell’Est, in un’alleanza molto coesa, chiedono qualcosa. E su tutto questo scenario si staglia la tranquillità del gruppo popolare, che ha mandato un messaggio subliminale.

Che cosa dice in siastanza?

Attenzione: se rimane lo status quo, a noi non dà fastidio, nel senso che la Commissione Ue si trascinerebbe fino a gennaio con un assetto ancora centrato sostanzialmente su socialisti e popolari. In più, a ottobre, ci sarà l’elezione del presidente Bce, e quindi i popolari potrebbero gestire singolarmente ogni partita.
Stamattina il summit riprenderà alle 11. Come si può sbrogliare la matassa?
Normalmente, in questi ultimi 15 anni, queste situazioni venivano sbrogliate dalla Merkel. Ma questo modello è andato in crisi. Anche perché a turbare le strategie della cancelliera ci ha pensato Macron, che alla fine, esprimendo un’impostazione molto nazionalista francese, ha provocato la reazione anche del nostro premier Conte.

Si parlava all’inizio di una possibile maggioranza a quattro…

Se questo accordo si sbloccasse, molto probabilmente si partirebbe con l’elezione alla presidenza del Parlamento di un popolare. Al contrario, può accadere che sia riproposto il presidente uscente, Antonio Tajani, in attesa di trovare una soluzione, o che passi per esempio la capogruppo dei Verdi, la tedesca Ska Keller.

E’ possibile una mossa del cavallo che sparigli le pedine sul tavolo?

Se si vuole dare consistenza al negoziato, si potrebbe anche aprire a nomi finora non usciti allo scoperto,ma che sono sicuramente circolati all’interno del Consiglio europeo. Potrebbero rientrare in ballo i “secondi”.

Per esempio?

I due del Ppe sono di assoluto prestigio: il francese Michel Barnier, negoziatore della Brexit, e Alexander Stubb, già presidente del Consiglio e ministro degli Esteri della Finlandia, oggi vicepresidente della Bei. Anche socialisti e liberali possono mettere sul tavolo nomi di peso. Ma oggi il problema, come ha ricordato lo stesso Conte, non è tanto sui nomi, quanto sul metodo. Germania e Francia devono capire, a questo giro, che potrebbero ritrovarsi ostaggio di una pluralità di governi che non accettano il duopolio franco-tedesco.

Asse carolingio messo davvero in discussione?

Per la prima volta sì, visto che si registra il dissenso di ben 11 Paesi, anche se non sta contribuendo la Spagna, che si è appiattita sulle posizioni di Berlino e Parigi. Comunque il duopolio franco-tedesco ha ancora una maggioranza nel Consiglio.

Avrà successo la strategia degli 11 Paesi ribelli?

L’elezione delle cariche Ue richiede una maggioranza che esprima il 65% della popolazione europea. Ci vuole cioè l’assenso di 21 Paesi su 28. E il peso maggiore ce l’hanno Italia e Polonia. Quindi, a mio avviso, la trattativa si può sbloccare solo se verrà accontentata una tra l’Italia o la Polonia.

A proposito dell’Italia, come si sta muovendo Conte?

Secondo me, Conte in questa fase del negoziato ha dimostrato di essere ben oltre la sufficienza. Ha infatti richiamato i due azionisti di maggioranza della Ue, Germania e Francia, a una maggiore responsabilità per non sollevare con ancora maggior forza il vento dell’anti-europeismo. Il modo con cui l’Italia sta al tavolo non deve essere visto con la lente delle polemiche interne. L’Italia in questo momento vuole ribadire quello che è stato un must di tutti i nostri governi: un approccio europeo comune diverso. Ora l’obiettivo deve essere quello di assicurarsi ciò che ci interessa: un portafoglio importante, come quello oggi affidato al tedesco Ottinger, che ha al centro del suo mandato lo stesso bilancio europeo.

Da questa vicenda delle nomine Ue si può trarre una morale?

Sì, ed è un paradosso: la prima battaglia dei sovranisti in Parlamento, e penso all’Ungheria, alla Polonia e alla stessa Italia, è per favorire l’applicazione di un metodo più europeo.

(Marco Biscella)