Chi è pronto ad accusare Giorgia Meloni di eversione populista-antieuropea eccetera in caso di astensione al Consiglio Ue sulla conferma di Ursula von der Leyen dimentica – finge di dimenticare – che cinque anni fa a Bruxelles, nel round decisivo per “Ursula 1”, si astenne Angela Merkel, cancelliere tedesco, capo del gabinetto di cui “Ursula” era ministro della Difesa per la Cdu.



Finge di dimenticare che ad obbligare la “cancelliera d’Europa” a negare a “Ursula” la fiducia del suo Paese (leader nell’Unione) e del suo partito (Ppe, Cdu, primo a Strasburgo) fu l’allora vicecancelliere Olaf Scholz: i socialdemocratici tedeschi – junior partner a Berlino di una coalizione sempre meno “grosse” coi democristiani – vissero come una beffa l’invenzione di Ursula da parte del presidente francese Emmanuel Macron. Tanto che nel nuovo europarlamento chiamato a dare la fiducia alla presidente designata della Commissione i franchi tiratori furono molte decine (socialdemocratici, verdi, liberali e perfino popolari).



A von der Leyen furono di salvezza i voti degli europarlamentari M5s, su indicazione di Giuseppe Conte, che nel lunghissimo Consiglio Ue per le nomine 2019 si preoccupò esclusivamente di assecondare i poteri forti Ue già decisi a promuovere il ribaltone italiano, facendo sponda sul Quirinale. Fra un paio di settimane a Strasburgo i tre partiti che ieri sera hanno dato il placet nominale al pacchetto nomine di Macron e Scholz conteranno su meno seggi rispetto a cinque anni fa, mentre le defezioni sono già state annunciate alle luce del sole. Renew (i liberali macroniani) già oggi non sono più il terzo europartito, essendo stato superato da Ecr di Meloni.



Cinque anni fa il primo, sfegatato tifoso di “Orsola” – in Italia e in Europa – fu Romano Prodi. Ma proprio l’ex presidente della Commissione Ue appare oggi dolorosamente deluso: “Von der Leyen sembra la contabile di decisioni altrui, non ha alcuna autorità”, ha lamentato negli ultimi giorni. Ed è la stessa “premier Ue” che nel 2019 imbarcò Paolo Gentiloni – ex premier Pd – come commissario nello stesso “pacchetto ribaltone” deciso fra Bruxelles e Roma per espellere dal governo italiano la Lega, fresca e netta vincitrice al voto europeo.

Il leader leghista Matteo Salvini – vicepremier nel Conte 1 – riteneva nell’ordine delle cose elezioni anticipate in Italia; dove invece i perdenti (M5s alle europee e il Pd anche alle politiche del 2018) formarono una nuova maggioranza di governo sotto la protezione “partisan” del presidente della Repubblica. Il contrario di quanto avvenuto in Francia all’indomani dell’ultimo eurovoto. A Parigi il presidente – strabattuto in Francia e in Europa, come del resto Scholz – ha sciolto il Parlamento ai limiti dell’abuso costituzionale soltanto per salvare il salvabile del suo potere personale. Forse – o senza molti forse – contro gli interessi del suo Paese e della Ue.

Cinque anni fa il Consiglio Ue sulle nomine post euro-voto iniziò nella serata di domenica 30 giugno. Merkel e Macron rientravano dal G20 di Osaka (dove per la cronaca avevano appuntato il socialista olandese Frans Timmermans come numero uno a Bruxelles). Sui media campeggiavano ancora i titoli sull’operazione parabellica condotta nella notte fra il 28 e il 29 dalla nave Sea Watch 3 – battente bandiera olandese e gestita da una Ong tedesca – che aveva violato il blocco delle frontiere marittime europee e speronato nel porto di Lampedusa una vedetta militare italiana, agli ordini della figlia di un ex alto ufficiale della marina militare tedesca. Obiettivo politico dell’attacco era con molta evidenza Salvini, vicepremier e ministro degli Interni italiano.

Nel fine settimana coincidente del 2024 il Consiglio Ue – con lo stesso ordine del giorno – è stato convocato per oggi, giovedì 27. Chissà se si concluderà entro la mattina di domenica, quando si apriranno le urne del primo turno del voto legislativo francese. Alla sera Macron – che pretende di decidere l’organigramma Ue per i prossimi cinque anni – potrebbe emergere come un’anatra definitivamente azzoppata. Come Scholz, che entro metà luglio dovrà presentare la manovra 2025 (anno di elezioni politiche in Germania) con la spada di Damocle dei divieti della Corte Costituzionale tedesca a extra-scostamenti di bilancio.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI