Andrea Margelletti, presidente del Cesi (Centro Studi Internazionali), ha concesso un’intervista al quotidiano “Libero”, pubblicata sull’edizione in edicola oggi, lunedì 4 luglio 2022. In particolare, l’esperto di strategia militare ha chiarito che al momento non è ipotizzabile un recupero delle relazioni tra Russia e Occidente: “Di sicuro non accadrà con la leadership tuttora al potere a Mosca. Forse accadrà in futuro, con un’altra leadership. Ma parlare di un cambio di dirigenza al Cremlino è azzardato, come una lotteria”.



La guerra in Ucraina, a giudizio di Margelletti, “è una gigantesca livella, niente sarà più come prima. Ma in Italia non lo capiscono. Per decenni abbiamo pensato che tutto dovesse essere subordinato all’economia e che l’interesse economico dovesse guidare la politica. Non è così. La guerra dimostra che al primo posto c’è la sicurezza. Ancor oggi è grave che la politica e la stampa italiane parlino solo delle ricadute economiche delle sanzioni, senza dire cosa rischiamo davvero. Rendiamoci conto che la possibilità di un allargamento del conflitto alla Nato, e quindi al nostro Paese, esiste. Potremmo ritrovarci in guerra fra due settimane o fra tre mesi. Ma la classe politica italiana non lo capisce”.



ANDREA MARGELLETTI: “DIAMO POCHE ARMI A KIEV PERCHÉ FINIREMMO PER NON AVERNE PER NOI”

Successivamente, su “Libero”, Andrea Margelletti ha tenuto a precisare che le sanzioni in guerra non hanno mai sconfitto nessuno, al massimo hanno solo indebolito, e il vero nocciolo della questione è legato agli armamenti dati dalla Nato all’Ucraina, che sono insufficienti: “Le armi non bastano perché negli arsenali occidentali non ce ne sono abbastanza. Negli ultimi decenni abbiamo strutturato le nostre forze armate come reparti agili e armati alla leggera per missioni contro il terrorismo. Diamo poche armi a Kiev perché sono i nostri stessi militari ad avvertire che finiremmo con lo scarseggiarne noi stessi, mettendoci in pericolo”.



Margelletti ha tenuto a ribadire la scarsità d’armamenti negli arsenali occidentali e italiani, che finisce per esporre ad altissimi rischi in caso di guerra: “La nostra classe politica dovrebbe stanziare fondi d’emergenza per la Difesa. Per costruire 350 nuovi carri armati, ad esempio. Il dramma è che per produrre nuovi carri ci vuole tempo, ma il tempo manca. Potrebbero essere necessari non fra 10 anni, ma fra 3 mesi! In Italia devono capire che la politica estera e di difesa è legata agli interessi nazionali e non ha partito”.