La Svezia “non è un paese per vecchi”: riecheggia il famoso romanzo di Cormac McCarthy il titolo dell’articolo che la rivista americana Nautilus dedica appunto alla Svezia e al suo approccio al Coronavirus, che ha finito per causare una vera e propria strage fra gli anziani, con numeri gravissimi soprattutto nelle case di riposo. Il problema di certo non è solo svedese: tuttavia, le scelte del Paese scandinavo gettano una luce sinistra “sul valore che le società hanno posto sulle libertà di alcuni a spese di altri”.



Il riferimento è al mancato lockdown in Svezia, con solo alcune misure cautelari che non hanno però impedito la diffusione del Coronavirus. Infatti la mortalità in Svezia è fra le più alte del mondo: 39,5 ogni 100.000 abitanti – per fare un paragone con i vicini scandinavi, sette volte più della Finlandia e nove volte più della Norvegia.



Il prezzo più alto l’hanno pagato gli anziani: l’88% dei morti svedesi per Coronavirus sono oltre i 70 anni, mentre altrove questa percentuale si aggira intorno al 70%. Circa la metà dei morti viveva in case di riposo e il primo ministro Stefan Löfven ha ammesso che la Svezia non ha saputo proteggere le persone più fragili.

CORONAVIRUS E ANZIANI: GLI ERRORI DELLA SVEZIA

La politica sociale lassista della Svezia ha causato un impatto del Coronavirus così grave sugli anziani? George Rutherford, professore di epidemiologia all’Università della California e consulente Oms, ha studiato il ‘caso Svezia’ con attenzione e si dice certo che sia proprio così. Probabilmente non avremmo avuto la catastrofica diffusione del Coronavirus nelle case di cura, in particolare a Stoccolma, se il governo avesse adottato una politica più severa per la popolazione in generale.



Johan Giesecke, ex epidemiologo statale svedese, ritiene invece che le critiche sugli attuali tassi di infezione e morte della Svezia sono premature: “Aspetta un anno prima di iniziare a contare i decessi in diversi paesi”.

Di certo però il sistema sanitario nazionale della Svezia, eccellente per bambini, giovani e adulti, zoppica per quanto riguarda l’assistenza agli anziani, non a caso spesso demandata a società private, le quali sono in polemica con il governo per quanto riguarda il Coronavirus perché lamentano di non avere ricevuto linee guida chiare in tempo e non vogliono dunque passare come uniche colpevoli di questa strage. Ora qualcosa si muove e il governo ha promesso di stanziare 226 milioni di dollari, ma il danno (almeno per quanto riguarda questa pandemia) ormai è fatto.

CORONAVIRUS E ANZIANI: SONO UN PESO? INDIFFERENZA UCCIDE

In Svezia, afferma Arthur Caplan, direttore della bioetica presso il NYU Langone Medical Center, che ha osservato le statistiche sanitarie del paese, “gli anziani erano stati dimenticati“, ma lo stesso era successo “in Canada, Regno Unito, Stati Uniti e molte altre nazioni molto prima di Coronavirus. Lasciarli morire quando una protezione minima avrebbe aiutato non è una scelta politica, non è una questione di priorità intergenerazionali. È indifferenza pigra, colpevole“.

È giusto che i vulnerabili siano messi a rischio per dare più libertà personali a giovani e sani? “Non ci sono scuse morali per cancellare gli anziani – dice Caplan -. Esistono molte situazioni in cui un gruppo vulnerabile come i bambini riceve una protezione aggiuntiva, ad esempio i seggiolini per auto. Limitano la libertà in piccolo, ma consentono una grande libertà”.

Rutherford è d’accordo: ampie prove ormai dimostrano che i Paesi con lockdown efficaci hanno visto il declino della mortalità del Coronavirus, mentre i decessi stanno iniziando a insinuarsi in molte altre aree senza blocchi o con limitazioni minori: “Finché il Coronavirus è là fuori”, dice, “infetterà e ucciderà i più vulnerabili“.