Non ho l’età di Gigliola Cinquetti: i 60 anni dalla vittoria al Festival di Sanremo

Non ho l’età è stata la canzone che, fra tutte, ha regalato il maggior successo a Gigliola Cinquetti a livello nazionale ed internazionale. La cantante, che oggi pomeriggio sarà ospite di Caterina Balivo su Rai 1 nel salotto de La volta buona, deve tanto a quel brano che la lanciò nell’olimpo della musica e che divenne immortale. Inoltre, proprio quest’anno, la canzone festeggia un compleanno importante. Era il 1964, esattamente 60 anni fa, quando l’artista la portò in gara al Festival di Sanremo a soli 16 anni, in coppia con Patricia Carli.



La cantante sbaragliò la concorrenza e vinse piazzandosi sopra altri celebri nomi, come Claudio Villa, Milva, Gino Paoli e Domenico Modugno. Dopo il trionfo nella kermesse, nello stesso anno la Cinquetti presentò Non ho l’età anche sulla scena internazionale: l’occasione fu l’Eurovision Song Contest di Copenaghen, vinto a sorpresa. Il brano ottenne il boom anche a livello europeo vendendo più di 4 milioni di copie, e fu reinciso in varie cover tradotte per il mercato tedesco, francese, spagnolo, giapponese e non solo.



Non ho l’età, il boom tra Sanremo e Eurovision: di cosa parla la canzone

Il successo di Non ho l’età è immortale ed è stato celebrato anche nel corso degli ultimi anni. Gigliola Cinquetti l’ha reinterpretato al Festival di Sanremo 2021 come ospite, per poi tornare all’Ariston quest’anno e cantarlo nuovamente in occasione dei 60 anni dalla vittoria. Inoltre, ha reinterpretato il brano anche all’Eurovision Song Contest 2022 tenutosi a Torino, rievocando nella memoria degli europei la sua straordinaria vittoria del 1964. Ma di che cosa parla Non ho l’età e qual è il giudizio che la cantante ne dà oggi?



Il brano, com’è facile intuire dal titolo, parla di un amore vincolato da alcuni paletti, quelli dell’età: la protagonista teme infatti di “non avere l’età” giusta per amare il suo lui. Come ammesso dalla stessa Gigliola Cinquetti in un’intervista a Oggi del 2014, nel testo non si sarebbe mai identificata anche perché “esprimeva concetti sull’amore che non condividevo, l’amore non è un fatto anagrafico. Mi escludeva da quel sentimento che io e quelli della mia età aspettavamo di incontrare. Non mi piaceva quel concetto di aspetta e spera, e non volevo che i coetanei mi guardassero come un fenomeno da baraccone, o peggio come un’opportunista che si fingeva virtuosa“.