Quando la vita è caduta molto in basso, quando la solitudine se n’è impadronita, un incontro può riscattarla e aiutarla a risalire la china. Perché l’uomo è anzitutto una relazione, e il rapporto con l’altro è decisivo per trovare la direzione che realizza il desiderio di felicità. Il film Non morirò di fame, ambientato a Torino, lo documenta in maniera molto efficace narrando la storia di Pier, vedovo, chef stellato caduto in disgrazia che vive ai margini della società e ritrova l’amore per la cucina e per la vita grazie all’incontro con quattro persone: la figlia che non vedeva da anni, un vecchio amico che gli presta una casa abbandonata dove vivere, la cassiera di un supermercato che gli rimprovera di avere sprecato il suo talento e “il Granata”, un clochard incontrato davanti a un cassonetto dell’immondizia vicino a un ristorante, nel quale cerca di recuperare avanzi di cibo e che lo guida a conoscere il pianeta dello spreco e delle eccedenze alimentari nei supermercati, tra le bancarelle dei mercati di quartiere, ai mercati generali.



Con gli avanzi degli altri si può tirare a campare, e il Granata sa che non morirà di fame. Per il protagonista del film tutto questo diventa l’occasione per procurarsi cibo e tornare al perduto amore per la cucina di qualità inventando piatti che nascono dalla rielaborazione creativa degli avanzi, fino a farne l’occasione per una “performance” che coinvolgerà un intero quartiere e segnerà la sua ripartenza professionale e umana.



Anche se nasce in maniera del tutto autonoma, il film presenta molte suggestioni che rimandano all’attività e alla mission del Banco Alimentare, che lo ripropone al pubblico del Meeting di Rimini (mercoledì 23 agosto, ore 21:00 Corte degli agostiniani) come occasione per documentare e approfondire le tematiche legate all’aiuto solidale, allo scandalo dello spreco, al recupero delle eccedenze e all’economia circolare.

La filiera agroalimentare italiana produce 5,6 milioni di tonnellate di cibo in eccedenza, una cifra che include cibo ancora buono e sicuro che non viene venduto per varie ragioni. Il valore economico di questo surplus supera i 12,6 miliardi di euro, mentre il numero di persone che hanno bisogno di cibo nel nostro Paese aumenta ogni giorno. Il Presidente Giovanni Bruno osserva che “Banco Alimentare diffonde una cultura del ‘prendersi cura’ delle cose e delle persone, contro una cultura dello scarto, partendo dalla concezione che tutto ci è affidato. Inoltre favorisce l’inclusione sociale attraverso l’aiuto alimentare, che spesso è il primo gradino per il riscatto di tante persone in difficoltà”.



La sequenza in cui l’ex chef stellato ridotto in miseria cerca gli avanzi di cibo nel cassonetto fa tornare alla mente il racconto di Johng Van Hengel che al Meeting di Rimini del 1992 raccontò le origini della prima food bank negli Stati Uniti: “Un giorno si presentò da noi una donna che aveva il marito in prigione e che, per sfamare i dieci figli, raccoglieva i rifiuti in un contenitore vicino al supermercato. Cercammo in quel posto e rimanemmo sorpresi nel vedere la quantità e la qualità del cibo gettato via. Ci mettemmo in contatto con i dirigenti del supermercato che ci permisero di recarci sul posto tutti i giorni a raccogliere i prodotti ancora recuperabili. Ben presto ci trovammo a lavorare con molti supermercati i quali, a volte, ci inviavano dei furgoni al magazzino. Sempre la stessa donna ci suggerì l’idea di creare una ‘banca’ in cui depositare le eccedenze alimentari, in modo da poterle poi distribuire a coloro che ne avevano bisogno”.

Lo scandalo dello spreco può diventare l’occasione per trasformare le eccedenze in risorse utili ai tanti che fanno i conti con la povertà, che spesso è anche solitudine e perdita della speranza. Ma è necessaria la “mossa” di qualcuno che prenda l’iniziativa, è necessaria una cultura del “prendersi cura” delle persone, alternativa a quella cultura dello scarto contro la quale ha più volte tuonato Papa Francesco. È necessario coltivare quell’amicizia inesauribile che abita il cuore di ogni persona e sulla quale il Meeting ha acceso i riflettori.

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