Postmoderni? Diversi dopo il Covid? Tutt’altro, come dice all’Avvenire il filosofo Gilles Lipovetsky «noi siamo ancora moderni, molto moderni. Forse troppo». Sul concetto di “ipermodernità” si impregna la discussione avviata dal filosofo e sociologo in questi ultimi anni, “accelerata” nell’ultimo anno e mezzo dall’esplodere della pandemia mondiale. Per capire che Lipovetsky non sia un pensatore “allineato” bastano davvero poche frasi, come quella che apre la bella intervista realizzata dal quotidiano della CEI: «Non corre giorno che non si ricordi di come la pandemia cambierà il mondo in cui siamo finora vissuti. Ci sarà un prima e un dopo il Covid, sentiamo ripetere senza sosta. Ecco, io non penso sia così».
Non saremo diversi dopo il Covid per il semplice fatto che siamo rimasti gli stessi in questi mesi, forse solo accelerando alcuni elementi già comunque presenti da tempo nella società contemporanea: «I principi della modernità, il mercato, l’individualismo e la tecnica, oggi sono più attivi e forti che mai. Anzi possiamo dire che si sono radicalizzati. Tutto è colonizzato dal mercato, la rivendicazione dell’autonomia degli individui si espande sempre di più e lo stesso vale per l’uso delle tecnologie».
LE 4 SFIDE DELL’IPERMODERNITÀ
Seppur con un progresso mai avvenuto prima nella storia dell’umanità, dal secondo Dopoguerra ad oggi non è cambiata di molto la società occidentale: «Da febbraio dello scorso anno, da quando è scattato il confinamento per arrestare il diffondersi del Covid, con insistenza si annuncia la fine di un’epoca. Ma non è così. La pandemia ha solo accentuato dei processi già in atto. Quello che accade oggi era già stato preparato in precedenza», spiega ancora il filosofo francese ad “Avvenire” non prima di elencare le 4 macro-sfide che ora attendono lo sviluppo della “prossima” società. Per Lipovetsky si tratta nello specifico di Clima, Immigrazione, Populismo ed Educazione: sulla battaglia climatica, lo strumento da usare sono finanza e politica, in quanto gli Stati e l’Europa dovranno introdurre «una tassazione differenziata per chi non rispetta gli standard previsti». Sul nodo migranti Lipovetsky ammette che l’Europa non può da sola trovare i mezzi per accogliere tutti coloro che vogliono raggiungerla, mentre per il “rischio populista” «non deve ripetersi l’esperienza della Brexit. Non bisogna illudersi che sia finita perché è un modello che può moltiplicarsi». Da ultimo, la sfida forse più importante perché quella più “snobbata”: «Oggi l’educazione è centrata sull’ascolto ed è volta a promuovere l’autonomia dei ragazzi. Questo è sicuramente positivo ma reca in sé anche degli aspetti negativi. Ormai ha trionfato la figura del bambino-re, in cui è lui a condurre il gioco. Non va bene però che il bambino faccia solo ciò che vuole o preferisce perché l’educazione non è questo. Anzi così si celebrerebbe il suo fallimento». Per Lipovetsky occorre superare la logica del totale liberalismo, pur mantenendo una via di mezzo sensata tra disciplina e autonomia: come? «Celebrando la figura dei maestri e le loro capacità di seduzione ma anche incentivando il lavoro sulle pratiche artistiche. Attraverso il teatro, per fare solo un esempio, si incentiverebbe l’invito alla lettura. Inoltre con le pratiche artistiche si esprime se stessi e incoraggiandole tra i giovani si fornirebbero a loro gli strumenti per poterlo fare», conclude il filosofo e sociologo.