Non vedo mio fratello da tre settimane. Come tutti quelli che hanno un parente in una città diversa dalla propria in Lombardia. Mio fratello è schizofrenico da molti anni. Vive in una casa comunità insieme ad altri malati di mente. Non possono più uscire da lì e meno male che hanno un giardino seppur piccolo. Mio fratello non sopporta di stare nella abitazione che hanno a disposizione. Prima dell’emergenza coronavirus infatti passava la maggior parte del tempo in giro per le viuzze di Trezzo d’Adda. Sì proprio la città dove ci sarebbe il famoso guado di Renzo raccontato nei Promessi Sposi, quando fugge da Milano per trovare riparo nella Repubblica Veneta. Coincidenze, in questi tempi di peste del terzo millennio. Andava in giro a disegnare, ha anche vinto un premio per i suoi dipinti della cittadina. Non sopporta di stare rinchiuso con gli altri malati, anche se schizofrenico ha dosi di lucidità più forti di tanti di loro. Stare rinchiuso deve essere per lui una sofferenza immane, anche se non lo lascia trapelare.
In questa tragica emergenza coronavirus tutto il sistema sanitario è sotto attacco. Ci sono drammatiche situazioni che, come in una catena di dolore, si propagano dagli ospedali e toccano altre realtà della sanità, di cui poco si parla, come le case di riposo per anziani o le comunità di accoglienza per malati mentali. Le ha ricordate il vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi, una delle province più devastate dal contagio: “La comunità di Bergamo è in grande sofferenza e per molti la cosa più dura da sopportare è non poter vivere il momento di distacco con i propri cari, le persone amate”. Anche per questo, “ho invitato gli operatori sanitari che hanno voglia di farlo a benedire chi sta soffrendo o è vicino alla morte: ogni cristiano è chiamato a benedire e se è battezzato può farlo”, ha detto in un’intervista all’Adnkronos.
Il dottor Gian Battista Guizzetti, specialista in geriatria, direttore sanitario del Poliambulatorio Cooperativa Sociale Monterosso Onlus in provincia di Bergamo, si occupa di anziani, quelli che muoiono di più. Ho provato a intervistarlo, ma proprio il giorno prima era morto di coronavirus un suo carissimo amico e, mi diceva, la madre è in terapia intensiva e non può andare a trovarla. “Nelle case di riposo” ha fatto in tempo a dirmi “il problema adesso è che non possiamo fare il turn over. Abbiamo operatori ammalati, medici ammalati, i tamponi non si fanno neanche più perché è evidente che tutti quelli che vengono di conseguenza hanno il virus”. In questa situazione di contagio estremo, “l’unica cosa che possiamo fare è chiudere l’accesso alle case di riposo. Ma in questo modo nonne, nonni, mamme e papà muoiono senza nessun parente vicino, in completa solitudine. Io stesso ho una mamma che sta morendo e non me la fanno vedere”. Le sue ultime parole, quelle di un uomo adulto abituato a lavorare nella sofferenza, sono soffocate dalle lacrime, cosa che la dice lunga delle condizioni del nostro personale sanitario in questa battaglia all’ultimo respiro: “Al di là della fatica fisica è lo stress causato da tutte queste morti e questo dolore che ci sta devastando…”. Scoppia a piangere, la linea si interrompe.
Io sto in ansia per mio fratello e i malati come lui. In un bellissimo articolo Antonio Esposito del sito Monitor ha parlato dei malati mentali, una emergenza nell’emergenza: “Immaginate, vi prego, in questo periodo di clausura forzata che determina, per tutti, un aggravio di sofferenza psichica, chi, già paziente psichiatrico in cura ai servizi territoriali, non può più accedere a centri diurni e attività ambulatoriali, ed è costretto a restare chiuso in casa per intere giornate con i suoi fantasmi, le sue paure, i suoi deliri, i suoi attacchi di panico, la sua depressione, tutti acuiti dall’isolamento, dalla riduzione di relazioni, dall’assenza di cure che non sia la mera somministrazione di psicofarmaci”.
“Tutte le attività sanitarie e assistenziali” dicono le ordinanze regionali “di tutti i servizi socio-sanitari, territorial semi-residenziali, i centri diurni per anziani, e per disabili non autosufficienti pazienti psichiatrici minori e adulti sono stati chiusi”. In una lettera inviata al primo ministro e al ministro alla sanità, Gisella Trincas, presidente dell’Unasam, l’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale, ha sottolineato come “in tante realtà territoriali i centri di salute mentale (su disposizione dei direttori sanitari, o dei dipartimenti di salute mentale, o delle stesse regioni), hanno sospeso la loro ‘attività ordinaria’. Non accolgono i pazienti nei servizi con la motivazione che non hanno i dispositivi di sicurezza (solo urgenze e emergenze), hanno sospeso tutte le attività riabilitative, alcuni servizi sono letteralmente blindati col personale dentro e la porta chiusa a chiave. Mentre in altre realtà (da noi verificate), gli operatori, adottando tutte le misure di sicurezza, continuano a garantire assistenza e cure sia nei servizi che al domicilio dei pazienti”.
Quando andavo a trovare mio fratello, i malati della sua comunità mi salutavano sempre con grandi feste. Mi abbracciavano anche senza sapere chi ero. I malati di mente hanno un bisogno estremo di essere abbracciati. Hanno carenze affettive frutto dei traumi che si portano dietro dall’infanzia. Chi li abbraccerà adesso?