Ho calcolato che per ogni euro di carburante messo nel serbatoio dell’auto, circa 55 centesimi vanno allo Stato sotto forma di tasse e accise. Se arbitrariamente poniamo il prezzo medio della benzina a 2 euro, 1,10 fanno riferimento anche a risorse destinate in origine a far fronte ad accadimenti del secolo scorso (guerre, terremoti, alluvioni) che sono state poi accorpate nel 1995 in un contributo unico e quindi mantenute con disinvoltura dai vari Governi. Obiettivo? Fare cassa.
Consola (poco) sapere da fonti Mimit che il prezzo della benzina depurato dalle accise sarebbe inferiore a quelli praticati in Spagna, Francia e Germania. Eliminarle? Se non sbaglio era nei programmi elettorali di FdI (come l’abolizione della Legge Fornero, da parte della Lega), ma oggi non se ne parla: le risorse servono per ridurre il cuneo fiscale (parola del ministro Urso). Amen.
Il costo crescente della benzina mi ha portato a riflettere anche su un altro fatto: il possesso di una modesta utilitaria in futuro potrebbe essere un lusso per pochi. In Italia abbiamo veicoli in gran parte obsoleti, inquinanti e poco sicuri. L’anzianità media del parco circolante è 11,5 anni (otto in Gran Bretagna, nove in Francia e Germania). Dei 36 milioni di vetture che circolano il 24% è antecedente la normativa Euro 4. Dal 2024 non potranno circolare i veicoli Euro 3, inclusi quelli a benzina. Dal 2035 saranno vendute solo auto elettriche o a idrogeno e le auto a combustione interna andranno progressivamente in estinzione. Il costo per la sostituzione del parco veicolare è stimato in mille miliardi di euro. Stante la congiuntura che tutti viviamo, mi chiedo se per una famiglia media sarà possibile disporre delle risorse necessarie per il passaggio dal carbon all’elettrico.
Oggi un’auto elettrica costa almeno 25/30mila euro, a fronte di uno stipendio medio netto che si aggira sui 1.200/1.700 euro, falcidiati dall’inflazione galoppante e dalla crescita del costo dei mutui (una rata da 600 euro del giugno 2022 è passata a fine primo semestre di quest’anno a 850). Per cambiare il parco auto nazionale serviranno incentivi importanti che – stante lo stato della finanza pubblica – potrebbero essere recuperati solo attraverso la rivisitazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Staremo a vedere. In ogni caso chi si impegnerà nell’acquisto della nuova auto dovrà far fronte anche ad altri costi (in crescita): dalle tariffe autostradali (incrementate del +2% a gennaio e del +1,3% a giugno) all’assicurazione Rc (+15 euro nel primo trimestre 2023); dagli ingressi nelle aree a traffico limitato (a Milano da 5 euro attuali a 7,5 euro a fine ottobre) ai parcheggi (a Milano dai 3 ai 4,5 euro l’ora per le strisce blu); dalle manutenzioni (dai 200 euro in su l’anno) alle revisioni periodiche del veicolo (nelle officine autorizzate 79 euro, più le spese per eventuali interventi). E non dimentichiamo i 100 euro e rotti per rinnovare la patente di guida.
No, non è un effetto del caldo estivo se in tante famiglie si sta prendendo seriamente in considerazione la possibilità di rivoluzionare la propria mobilità. Un’opportunità che il trasporto pubblico dovrebbe prepararsi a intercettare. Anche per esprimere livelli di servizio decenti a fronte di costanti incrementi delle tariffe di trasporto.
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