SABOTAGGIO NORD STREAM, SPUNTA LA “PISTA” USA DOPO GLI AVVISTAMENTI DELLA DANIMARCA

Probabilmente la verità completa su cosa avvenne nel settembre 2022 con il sabotaggio ed esplosione dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico – presso l’isola di Bornholm (Danimarca) – non sarà mai completa, eppure quanto emerge da un articolo del “Politiken” rischia di aggiungere un tassello finora mai considerato (o quasi) nelle turbolente fasi investigative. In sostanza, qualche giorno prima dell’attentato contro gli ormai ex principali condotti di gas dalla Russia verso l’Europa, alcune navi della Marina Usa sarebbero state avvistate con trasponder spento vicino alla “scena del crimine”.



Come dicevamo le novità sull’esplosione e il sabotaggio del Nord Stream arrivano dal quotidiano di approfondimento e inchieste in Danimarca, facendo leva sulla frettolosa chiusura delle indagini decisa ormai lo scorso febbraio. In un primo momento si pensava che la Russia avesse fatto saltare il condotto come ripicca contro l’Europa scesa in appoggio all’Ucraina, poi si è subito compreso che probabilmente le cose andarono diversamente con la complicità tra Ucraina e Stati Uniti sotto forma di azione d’intelligence. Così si arriva alla scorsa estate 2024 con l’annuncio della Germania del mandato di arresto spiccato contro un sommozzatore ucraino fuggito poi in Polonia dopo aver piazzato le bombe nel Mar Baltico.



A riprendere in mano la “pista danese” il quotidiano che in questo focus cita un’inchiesta che nulla c’entrava con la guerra in Ucraina e che riguardava la missione del canale televisivo tedesco ZDF sullo yacht “Andromeda”, sparito nell’estate 2022 misteriosamente: l’estate scorsa si è scoperto che l’equipaggio non era composto da sommozzatori bensì proprio da giornalisti tedeschi che stavano indagando nell’area attorno al Nord Stream. Ebbene, proprio in quei giorni a ridosso dell’esplosione, la capitaneria di porto di Christiansø ravvisò le navi della Marina americana al largo del condotto di gas, con il segnale transponder spento.



IL PROCESSO MAI INIZIATO IN DANIMARCA E LE RICERCHE SUL SOMMOZZATORE UCRAINO

Secondo quanto raccontato dallo stesso quotidiano danese, la capitaneria di porto pensando ad un’emergenza naufragio sia precipitata sul posto per controllare: è lì che sarebbe avvenuto qualcosa di molto insolito, con la nave Usa che ha chiesto ai colleghi danesi di tornare indietro immediatamente. Christiansø si trova vicino a Bornholm ed è solo dopo con l’esplosione del Nord Stream in quel passaggio di mar Baltico che si è iniziato a temere una stretta correlazione con questi insoliti fatti.

Non solo, riporta il “Politkien”, anche la nave USS Kearsarge – una imbarcazione d’assalto anfibio della Marina Usa – era presente motivando con il termine della manovra di esercitazione americana conclusa 3 mesi prima. Secondo quanto emerso dalle inchieste giornalistiche, quel tipo di manovra Usa stava esercitando veicoli subacquei senza equipaggio adatti allo sminamento assieme ad altre operazioni sottomarine. È così che la pista sul coinvolgimento Usa dietro al sabotaggio prende corpo in Danimarca, con l’ipotesi che vi possano essere stati trasportati gli ordigni poi esplosi a Bornholm nell’ambito dell’attacco al Nord Stream 1 e 2.

Le ricerche del sommozzatore ucraino in Polonia proseguono ma potrebbero a questo punto essere una “copertura” di quanto invece avvenuto con il coinvolgimento diretto della Marina Usa. Un elemento ancora più insolito (ma che spiegherebbe la tesi complottista della copertura) è che la polizia della Danimarca, avendo in mano tutti questi elementi, abbia concluso le indagini sul sabotaggio del Nord Stream nel febbraio 2024, spiegando che le perdite di gas di cui era stata accusata la Russia non meritavano di andare a processo. Tanto Copenaghen quanto la Svezia hanno consegnato le varie prove agli inquirenti tedeschi che invece ufficialmente ancora indagano sul sabotaggio: quanto riportato però dalla Capitaneria di porto (poi prontamente “silenziata” nei mesi successivi) potrebbe a questo punto riaprire un caso che, lo dimostrano le ricerche vane del sommozzatore ucraino, è tutt’altro che chiuso.