È stato il miglior compromesso possibile: i tecnici di valore nei ministeri chiave per portare a termine la doppia missione di fronteggiare la pandemia e risollevare l’economia attraverso l’uso sapiente del Piano di recupero e resilienza, i politici dialoganti delle diverse formazioni che compongono la maggioranza nelle posizioni secondarie per ottenere i voti in Parlamento.
Così, la squadra di governo formata dal neo presidente del Consiglio Mario Draghi si è in parte discostata dalle attese della vigilia quando si dava per scontato che le sue scelte sarebbero dovute passare per tre griglie a maglie strette – parità di genere, espressione territoriale, campo di provenienza – per tener conto di tutti gli equilibri a prima vista rilevanti.
La composizione dell’esecutivo, dunque, è caratterizzata tra l’altro da una presenza meno accentuata del previsto del mondo femminile e da una visibile sotto rappresentazione del Mezzogiorno. Vale la pena d’illuminare quest’ultimo caso, in particolare, perché assai più sensibile degli altri a causa delle implicazioni che potrà avere sul futuro della nuova compagine.
Non bisogna dimenticare, infatti, che sullo sfondo delle buone intenzioni ci sono da ricevere e impiegare i 209 miliardi del programma Next Generation Eu e in sopraggiunta i quasi altri 100 rinvenienti dai fondi europei e nazionali per gli investimenti strutturali, la formazione, la coesione. Insomma, lo sconforto del momento può essere alleviato dando fondo alla più grande torta finanziaria mai vista.
E qui si pone un quesito la cui risposta incendia gli animi degli italiani da più di cinquant’anni a questa parte: a chi tocca decidere come dividere le porzioni? È noto che i fondi dell’intervento straordinario, pochi o molti che siano stati, sono serviti al Sud più per coprire i buchi della spesa ordinaria che per alimentare impegni aggiuntivi secondo la missione dello strumento.
Da qui il perdurante divario economico tra i due estremi dello Stivale con i cittadini di sopra gratificati da una ricchezza pro capite doppia rispetto a quella dei cittadini di sotto. Una distanza, a onor del vero, dovuta anche alla sistematica incapacità della compagine meridionale di mettere a frutto i fondi ricevuti dall’Unione piuttosto che disperderli in mille rivoli com’è avvenuto.
Ora è innegabile che il Governo uscente, il cosiddetto Conte 2, fosse fortemente orientato a destinare al Mezzogiorno almeno la metà della formidabile dotazione in arrivo (sempre che ce la fossimo meritata) mettendo in allarme l’operoso popolo settentrionale dal cui diffuso apparato industriale, oggi sofferente per la pandemia, dovremmo aspettarci la ripartenza domani.
È altrettanto innegabile che la nuova formazione nasca su diversi presupposti e che l’orientamento dominante sia piuttosto quello di dare la stura a ciò che già si definisce come il vento del Nord. Un vento che soffia per ridefinire i rapporti di forza all’interno della nazione e riportare il baricentro della spesa dove per tradizione e convinzione c’è più capacità ed efficienza.
Si spiegherebbe così anche la repentina conversione di Matteo Salvini alle ragioni di un Governo che più europeista non si può come quello del banchiere centrale Draghi nelle cui sapienti e robuste mani sta il difficile esercizio di liberare dai lacci gli spiriti imprenditoriali del Nord e creare le condizioni giuste perché quelli più timidi del Sud possano provare a farsi valere.
—- —- —- —-
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.