CONCORSO ESTERNO PER MAFIA, IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA INSISTE SU MODIFICA NORMA
La riforma della giustizia del Ministro Nordio prosegue il suo iter di discussione all’interno della maggioranza dopo il primo via libera del CdM e l’arrivo in Parlamento nelle prossime settimane: intanto però, al netto delle tensioni avvertite tra Anm e Palazzo Chigi (per i casi Delmastro, Santanché e La Russa, ma non solo), un nuovo capitolo di polemica si “apre” all’orizzonte e riguarda le recenti dichiarazioni del Guardasigilli sulla necessità di rivedere/rimodulare il concetto di “concorso esterno in associazione mafiosa”. Il concorso esterno, spiega “Avvenire” in un lungo focus, «è quindi una fattispecie differente dal favoreggiamento personale in una o più circostanze: si tratta di una condizione di contiguità rispetto all’organizzazione mafiosa».
Nordio infatti non ha chiesto di “abolire” alcun reato in quanto di reato non si parla: grazie soprattutto all’opera di Falcone e Borsellino, il concorso esterno è stato uno strumento utile ai magistrati antimafia per colpire la “zona grigia” di convivenze politico-imprenditoriali affiliati alle mafie senza esserne direttamente coinvolti. Dopo l’intento mai nascosto da Nordio di voler rimodulare il concorso esterno, è intervenuto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, anche lui magistrato come il Ministro, Alfredo Mantovano: «Ai parenti delle vittime di mafia dico che modificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è un tema in discussione, il governo non farà alcun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata». All’interno della riforma della giustizia, Nordio aveva sempre chiarito che «il concorso esterno è un reato evanescente, che non esiste». Alla festa di Fratelli d’Italia negli scorsi giorni era stato ancora il Guardasigilli a spiegare come la Cassazione, i giudici, hanno inventato questa formula «abbastanza evanescente, che a rigore di logica è un ossimoro», aggiungendo di non voler cancellare la fattispecie, ma di voler «rimodulare completamente il reato». Oggi intervistato dal “Corriere della Sera” Nordio torna sul tema e afferma di voler proseguire nella sua linea nonostante i vari dubbi sollevati tanto nella maggioranza di Governo quanto da magistrati e mondo dell’Antimafia.
NORDIO: “SEPARAZIONE CARRIERE SI FARÀ. IMPUTAZIONE COATTA È RESIDUO VECCHIO…”
«La commissione per la riforma del codice penale – dal Ministro Carlo Nordio presieduta – ha concluso che il concorso esterno andava tipicizzato con una norma ad hoc, perché non esiste come fattispecie autonoma nel codice, ma è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale che coniuga l’art 110, sul concorso, con il 416 sull’associazione»: così al “CorSera” parla il Guardasigilli spiegando nel dettaglio perché il suo non è affatto un intervento per favorire criminalità e mafie. Questo tema «ha comportato un’estrema incertezza applicativa. Le voci per introdurre una norma tipica sono quasi universali nel mondo universitario e forense»; ma la linea di Nordio è se possibile ancora più netta nel contrasto alla criminalità.
Spiega ancora il Ministro a Virginia Piccolillo sul “Corriere”: «La mia interpretazione è anche più severa, perché anche chi non è organico alla mafia, se ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti. Se si affrontassero questi argomenti con animo freddo e pacato, e non con polemiche sterili, troveremmo una soluzione: scrivere una norma ad hoc molto semplice e molto chiara». Davanti alle critiche mosse in questi giorni sul suo tentativo di rimodulare il concorso esterno, Nordio non si stupisce delle critiche di opposizione e sinistra, piuttosto «Mi sorprende che arrivino da magistrati, che da tecnici del diritto dovrebbero sapere che il concorso esterno è ormai, per dirla con Churchill, un enigma dentro un indovinello avvolto in un mistero». In merito allo scontro potenziale tra magistrati e Governo Meloni, Nordio non si scompone e riduce gli attriti: «Dopo le polemiche originate dalle mie prime critiche sull’interferenza della magistratura sul ddl prima di averne letto il testo, ho ricevuto i rappresentanti dell’Anm. È stato un incontro estremamente cordiale dal punto di vista personale, anche se esistono idee diverse sulle riforme da fare […] Il confronto continuerà. Sono stato magistrato per quarant’anni, e mi sento ancora tale».
Sul caso Delmastro e sulla imputazione coatta voluta dalla gip (dopo la richiesta di archiviazione dell’accusa) la Premier Meloni ha sollevato molte perplessità sui magistrati della Procura di Roma, con il Ministro della Giustizia che aggiunge il suo punto di vista sulla vicenda che tocca il suo sottosegretario in merito al caso Cospito: «l’imputazione coatta, indipendentemente dal caso attuale, la critico da 25 anni: è un residuo del vecchio codice, quando c’era il giudice istruttore, inserito nel nuovo Vassalli per un compromesso: il legislatore non ha avuto il coraggio di attuare compiutamente il sistema accusatorio, dove il pm è monopolista e arbitro dell’azione penale».