La riforma della giustizia rientra nel pacchetto che il governo Meloni vuole portare in Consiglio dei ministri entro la fine di maggio. Il ministro Carlo Nordio punta ad una che sia garantista. Ma quando c’è il garantismo in ballo, il rischio fraintendimento è dietro l’angolo, motivo per il quale il Guardasigilli precisa: «Significa due cose: enfatizzazione della presunzione di innocenza e certezza della pena». Ne parla al Foglio, ricordando che la funzione della pena «è la rieducazione del reo e l’affermazione dello stato, perché nel momento in cui lo stato minaccia una sanzione nei confronti di chi ha commesso un reato, se questa non viene applicata una volta, lo stato perde credibilità». Il ministro della Giustizia affronta anche il tema della giustizia riparatoria, fenomeno per il quale c’è una sentenza mediatica che prescinde da quella reale. «In teoria la soluzione ideale sarebbe quella di dare alla fine delle indagini lo stesso risalto che si è dato all’inizio».



Peraltro, è pure un tema che riguarda la deontologia e sensibilità dei giornalisti, che danno risalto all’informazione di garanzia, meno alla sentenza di assoluzione. «Non è ovviamente qualcosa che si può normare. Ciò su cui si può intervenire è la rapidità del processo: più il processo è lungo e più si dilatano i tempi tra l’impatto mediatico dell’inizio dell’indagine e la fine». Inoltre, con la riforma della giustizia si potrebbe integrare il codice di procedura penale in modo tale che gli atti restino segreti almeno fino alla disclosure finale o all’inizio del processo. In questo modo, solo l’indagato saprebbe di esserlo e le intercettazioni non potrebbero essere diffuse fino a che non vi è una richiesta di rinvio a giudizio.



RIFORMA GIUSTIZIA: IL CAPITOLO INTERCETTAZIONI

«All’interno di un’indagine non sarebbe più possibile inserire aspetti che non hanno niente a che vedere con l’inchiesta», aggiunge Carlo Nordio al Foglio. Per il ministro della Giustizia bisogna allora trovare una norma, e intende lavorarci nella riforma della giustizia, per disporre paletti su dialoghi o situazioni essenziali. «Per esempio, la mia idea è quella che si possano trascrivere solo quelle in cui il reato è in atto». Soffermandosi sulle intercettazioni, la cui trascrizione non sarà consentita quando due persone parlano di una terza, il Guardasigilli ricorda che in ballo non ci sono solo questioni legate a terrorismo e mafia: «Potremmo anche dire che non si toccano alcuni reati satellite estremamente gravi da individuare». Non si può ignorare che vi sia comunque anche una questione economica. «Ogni ufficio giudiziario non ha solo un budget. (..) L’unica cosa che è assolutamente opinabile e che sfugge a qualsiasi controllo è la spesa per le intercettazioni». Per Nordio è irragionevole spendere 200 milioni di euro all’anno per le intercettazioni, quando poi mancano cose essenziali in questo ambito. Fissare paletti è un’opera razionale: «Aiuti chi segue le indagini a concentrarsi più sulle prove che sugli applausi». Altro tema delicato è quello della carcerazione preventiva, una «questione cruciale» per il Guardasigilli, che vuole «una svolta vera». Salvo casi di flagranza, le richieste di custodia cautelare non andranno rivolte al gip, ma ad un orgnao collegiale come il tribunale del Riesame, cioè il tribunale distrettuale. «È una misura di civiltà. Ed è una misura sulla quale agiremo con forza». Nordio si sbilancia anche sull’appello per l’assoluzione in primo grado, spiegando che potrebbe essere eliminato. «Possiamo anche ammettere che la sentenza di proscioglimento possa essere sbagliata perché sono stati commessi degli errori, perché non sono state prese in considerazione delle prove o addirittura perché sono emerse nuove prove, ma in quel caso allora è meglio che il processo sia rifatto».



REATI E CARCERE, ABUSO D’UFFICIO E PRESCRIZIONE

Il governo Meloni intende anche rivedere la compatibilità di alcuni reati con il carcere, come la tossicodipendenza, all’interno della riforma della giustizia. «Se ci sono comunità idonee dobbiamo approfittarne». Si possono anche ristrutturare caserme anziché costruire nuove carceri. Per quanto riguarda la legge Severino, il ministro Carlo Nordio al Foglio spiega che ritiene iniqua l’applicazione retroattiva, «perché anche se non è una norma penale, ha comunque un carattere afflittivo. Io credo comunque che prima o poi questa vada, non dico abrogata, ma rimodulata». C’è poi il nodo dell’abuso d’ufficio, la cui abolizione sarebbe ben vista dal 99% di sindaci e amministratori comunali secondo il Guardasigilli, per via del processo mediatico che scoppia. Il governo intende intervenire anche sulla prescrizione, che «sarà riportata alla sua funzione originaria di estinzione del reato». Nordio farebbe decorrere la prescrizione non da quando è commesso il reato, ma da quando viene scoperto. Ci tiene anche a ribadire che «aumentare le pene non ha un effetto deterrente» e che la giustizia deve dare un segnale di maggiore efficienza, non di maggiore severità. «Ma riconosco che in alcuni casi un aumento delle pene possa contenere un messaggio politico. Di fermezza». Nell’intervista si lascia andare anche a qualche frecciata per la sinistra: «Io mi sono sempre stupito che la sinistra avesse assunto in questi ultimi trent’anni proprio queste posizioni giustizialiste. Perché, per tradizione la sinistra sta dalla parte del più debole. E il più debole quando c’è un processo è sempre l’imputato. Che sia ricco o che sia povero». Infine, sull’inchiesta di Bergamo sul Covid, ricorda che il giudice «deve soltanto accertare se c’è un reato, se è stato commesso e se è stato commesso con dolo, colpa, preterintenzione, o semplicemente per caso fortuito». Quindi, non deve «trasformarsi in storico, storico della politica, storico della medicina, storico di chicchessia». Così fallisce, «perché non ha né la preparazione né gli strumenti per dare dei giudizi di questo tipo».