Il vostro chroniqueur è stato assente involontario per alcune settimane da spettacoli dal vivo (e da tante altre cose) perché al rientro dagli spettacoli classici al teatro greco di Siracusa, un banale incidente domestico (caduta dovuta ad un passo falso nell’alzarsi dal divano del soggiorno) gli ha causato una frattura al piede: quindi, tutore ortopedico, stampelle, carrozzina. Dopo tre settimane di lockdown forzato, ha ripreso sabato 18 settembre, anche grazie alla cortesia del Teatro dell’Opera di Roma che mi ha assistito in ogni modo.
Si dava uno degli spettacoli autunnali: il balletto in due atti Notre Dame de Paris di Roland Petit (ripreso da Luigi Bonino), tratto dal romanzo omonimo di Victor Hugo, con musica di Maurice Jarre, scene di René Allo, costumi di Yves Saint Laurent, luci di Jean-Michel Désiré. Teatro pieno, nei limiti della metà della capienza consentita dai protocolli anti-Covid in vigore. Il balletto risale al 1965, quando debuttò all’Opéra de Paris. A Roma era stato portato per una sera sola dal Balletto di Marsiglia nel 1985. L’attuale produzione è un allestimento dell’Opéra de Paris e dell’Opéra National de Bordeaux. E’ il più fedele possibile all’originale.
Utile ricordare che il romanzo di Hugo è stato la base di tre film di successo (rispettivamente del 1939, del 1956 e del 1996) nonché di una rock opera che gira il mondo da circa vent’anni. Il balletto Petit-Jarre si distanzia da queste trasposizioni non solo per eleganza ma anche per fedeltà allo spirito del romanzo.
Perché riprendere uno spettacolo del 1965? Per la stessa ragione per cui, abbonati ad una piattaforma televisiva on demand, ci si rivolge spesso a capolavori del passato come Casablanca e Ladri di Biciclette invece che a novità spesso mediocri e deludenti.
Il Teatro dell’Opera ha fatto bene a fare conoscere Notre Dame de Paris a chi non lo ha visto, o lo ha visto solo in televisione o in DvD, perché si tratta di un capolavoro della coreutica e della musica della seconda metà del Novecento.
Iniziamo dalla musica. Maurice Jarre è noto soprattutto per le sue colonne sonore che gli hanno portato tre Oscar (Lawrence d’Arabia, Dottor Zivago, Passaggio in India) e numerosissimi altri premi. A differenza di suo figlio Jean-Michel (che si è fatto un nome per come fonda musica elettronica e jazz), Maurice Jarre segue i canoni tradizionali, diatonici e neoromantici, che si adattano perfettamente alle tinte fosche, con momenti romantici, del truculento romanzo di Hugo. La partitura è eseguita con precisione dall’orchestra e dal coro (per alcuni interventi) del Teatro dell’Opera di Roma diretti da Kevin Rhodes.
Le scene di René Allo utilizzano per i 13 rapidi quadri principalmente sipari su tela pieni di suggestione e di rapida utilizzazione. Molto belli gli sgargianti costumi di Yes Saint Laurent che riproducono lo sfarzo elegante delle vetrate di una Cattedrale.
Il romanzo è ovviamente semplificato. Ci sono quattro protagonisti (la sera in cui ho assistito allo spettacolo erano Esmeralda: Susanna Salvi; Quasimodo: Michele Satriano; Phoebus: Giacomo Castellana; Frollo: Alessio Rezza). Tutto il corpo di ballo è impegnato in numerosi quadri di massa: la festa in piazza; la preghiera in Chiesa; il sagrato di Notre Dame; l’inseguimento; la gogna; la marcia dei soldati; la taverna; il processo; la forca; l’assalto alla Cattedrale; e così via).
Quadri e musica con un forte impulso ritmico si alternano a quadri sensuali (il pas-de- deux Esmeralda – Phoebus del primo atto che diventa pas à trois con l’arrivo del lascivo Frollo) o sentimentali (il pas-de-deux Esmeralda- Quasimodo nel secondo quadro del secondo atto. Uno schema intelligente che riflette il romanzo di Hugo in cui momenti sanguinosi si alternano a momenti sentimentali.
Applausi a scena aperta ad ogni quadro. Ovazioni al calar del sipario.