Sembra squarciare il buio questa tela della Terrazza del caffè la sera (1888) dove Van Gogh ricrea l’atmosfera un po’ spumeggiante di una serata estiva.

Inondati dalla calda luce di un lampione e da quella più fredda delle stelle, conversano gli avventori assaporando la limpida quiete della notte.

Accompagna il confuso cicaleccio dei clienti, l’eco indistinta dei passi sulla via, mentre rumorosa si avvicina una carrozza che sbuca improvvisa dall’anonima oscurità della strada. Sull’acciottolato sconnesso risuonano, secchi e cadenzati, gli zoccoli del cavallo: avanza la bestia con l’andatura un po’ rassegnata degli animali da tiro.



Si apre così, dinanzi agli occhi, un angolo di paradiso sottratto al mondo. Pare, questo comune slargo cittadino, il prolungamento di un immaginario salotto pronto ad accogliere, con feriale eccitazione, gli ospiti rituali.

Nella dinamicità di un equilibrio perfetto, luce e tenebra si contendono lo spazio.

La scelta di accendere violentemente l’angolo del caffè, facendolo esplodere in un trionfo di variegati cromatismi, mette ancor più in evidenza l’ora tarda: insiste Van Gogh sulla notte sbriciolando nel cielo bluastro il palpito incandescente delle stelle che ammiccano silenziose. Avvampano le luci della sera. Trema di un’intimità calda e vibrante il lampione a gas in primo piano protendendosi, elegante, sotto la tettoia del caffè ad inondare ogni cosa della sua iridescenza. Si nutrono a quella luce, avventori e passanti. Vi si specchia compiaciuto anche un pino affacciato sulla destra della tela, quasi a chiudere, con i suoi fitti rami, lo spazio di una piazza che il nostro sguardo può solo limitarsi ad immaginare.



Incerti nella loro aggraziata fragilità, campeggiano i tavolini fiancheggiati, a distanza, da qualche sedia un po’ grezza: attendono essi pure che si animi il caffè di nuovi clienti, mentre una coppia – infastidita forse dalla luce impietosa – preferisce sottrarsi agli sguardi indiscreti eclissandosi nella zona del quadro invasa dalla penombra.

Sussurrano, innamorate, le voci della sera; cigolano, pigre, le persiane di una finestra illuminata; sognano nel buio, serenate, gli amanti. Vive il caffè la sua notte di luce.

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