Tra le isole più belle del nostro Paese e appartenente all’arcipelago delle Pelagie, Lampedusa è sempre più al centro del dibattito mediatico. Non per la sua bellezza o per tradizioni particolari, ma per il delicato tema migranti: essendo l’isola più vicina all’Africa, è il principale porto d’approdo per i profughi nonché la porta d’ingresso verso l’Europa. Negli ultimi anni sono stati registrati naufragi e tragedie sempre più frequenti e, ovviamente, il dibattito politico è sempre più acceso. Ma c’è anche chi vive/lavora a Lampedusa e chi è sempre stato in prima linea, al fianco di chi scappa dalle guerre, dalla fame e dalle violenze: parliamo del medico Pietro Bartolo, interpretato da Sergio Castellitto in Nour di Maurizio Zaccaro, presentate nella sezione Festa Mobile del Torino Film Festival 37.
Il nuovo lungometraggio del regista di Milano – tratto dal libro di memorie “Lacrime di sale” (pubblicato da Mondadori) – racconta la storia di Nour (Linda Mresy), ragazzina di 10 anni che ha affrontato da sola il viaggio verso l’Europa attraverso il Mediterraneo. Di origine siriana, la giovane ha perso il padre, ucciso, e la madre, che in mezzo al caos del naufragio non trova più. A Lampedusa c’è Pietro Bartolo, che tenta di accudirla, ma deve fare i conti con una ragazzina indipendente e ribelle: il medico decide di prendersi cura di lei e, un passo dopo l’altro, riesce a conquistare la sua fiducia…
Dopo aver preso parte al film documentario Fuocoammare di Gianfranco Rosi (Orso d’oro al Festival di Berlino 66 e candidato all’Oscar nel 2017 per il Miglior documentario), Pietro Bartolo è nuovamente protagonista sul grande schermo: questa volta però è Castellitto a vestire i suoi panni in un lungometraggio che mescola documentario e finzione con maestria, andando a lambire il confine tra il vero e il verosimile. Toccante l’inserimento di immagini d’archivio del recupero di corpi in mare: un pugno allo stomaco per lo spettatore, necessario per portare l’opera sulla dimensione della realtà. Attenzione però: non parliamo di spettacolarizzazione del dolore – accusa rivolta ai media in epoca di guerra -, ma di cinema verità, cinema vita. Ci troviamo di fronte a un film che scuote le coscienze e lo fa senza retorica: mostra al mondo cosa succedeva (e succede ancora oggi) a Lampedusa, tra atrocità e sofferenza.
Castellitto sforna l’ennesima interpretazione di altissimo livello, non artificiosa e assolutamente rispettosa. Credibilità e autenticità sono le due parole chiave per leggere Nour, con Zaccaro bravo a ricreare situazioni delicate immerso nella realtà di Lampedusa: in tal senso, non è inopportuno il paragone con La terra trema di Luchino Visconti (anche in questo caso troviamo abitanti del posto prestati a fare gli attori). Naturale l’accostamento con Fuocoammare, ma Nour entra più in profondità e lascia un segno diverso, più netto e doloroso: straordinaria la sintesi tra il vero vissuto, descritto da Pietro Bartolo nel suo libro, e il vero narrato, interpretato da Castellitto sul grande schermo. Un esempio su tutti? Come Pietro Bartolo entra in empatia con i migranti, attraverso un piccolo gesto o con poche parole.
Girato in quattro settimane – con sbarchi veri anche nel corso delle riprese – Nour è dedicato ad Ermanno Olmi e sarà distribuito da Vision nel 2020, una produzione Stemal Entertainment, Ipotesi Cinema in collaborazione con Rai Cinema. Un film che trasmette un messaggio di speranza e che va visto mettendo per un attimo da parte l’orientamento politico: d’altra parte è una storia che ci parla di persone, innanzitutto…