Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, ha commentato in una intervista a Il Giornale la grazia concessa a Patrick Zaki in Egitto: “È la fine di un incubo giudiziario durato tre anni e mezzo. Nessuno gli restituirà quel tempo fatto di una galera dura, un processo infinito, una condanna inaccettabile. Ma il giorno precedente è stato di angoscia, ora è un giorno di felicità”, ha affermato.



Il merito di questo successo è secondo l’esperto di tre parti diverse: “Società civile, informazione e istituzioni politiche. Gli elementi in questione sono andati tutti nella stessa direzione”, ha sottolineato. Il riferimento è anche al Governo di Giorgia Meloni. “C’è stato un fatto, la condanna, che ha accelerato tutto. È possibile che si sia svolto un lavoro sotto traccia. Ma nell’anno e mezzo del processo non si è mosso un granché. Era nell’aria un provvedimento di grazia, ma è stata la reazione della società civile, dell’informazione e delle istituzioni a produrre quest’accelerazione”.



Noury (Amnesty): “Processo a Zaki persecuzione politica e religiosa”. Il commento sulla grazia

Riccardo Noury da parte sua ha le idee chiare sul significato che ha avuto il processo a Patrick Zaki. “Il capo d’accusa era diffusione di notizie false, per un articolo pubblicato a Beirut su un portale di lingua araba nel 2019. Raccontava cose che qualunque giornalista d’inchiesta e Amnesty International conoscono bene: la persecuzione dei copti cristiani di cui la famiglia di Zaki fa parte. C’è un chiaro elemento di persecuzione politica, ma anche uno di persecuzione religiosa”.



Il sentore dunque è che potesse finire molto peggio. “Sta finendo peggio per tanti altri. Le grazie sono provvedimenti soggettivi legati a fattori di influenza esterna, risolvono le questioni individuali ma non il tema dei diritti umani. E non cancellano il verdetto. Nella sua fedina penale, Patrick resta condannato per un reato inesistente”, ha concluso.