Colf uccide datore di lavoro molestatore: la Cassazione conferma la condanna contro la donna
Si è conclusa la vicenda processuale della colf che a Novara, nel 2021, uccise il suo datore di lavoro, 68enne pensionato, molestatore, al culmine di una litigata che sarebbe, probabilmente, sfociata in un’ennesima violenza. La donna 52enne confessò immediatamente l’omicidio, dopo l’allarme dato dai vicini di casa che avevano sentito le urla e la colluttazione, parlando agli inquirenti anche degli abusi sessuali subiti nei 4 anni alle dipendenze della vittima, Antonio Amicucci.
In un primo processo, la colf che uccise il datore di lavoro molestatore a Novara fu condannata a 16 anni e mezzo per omicidio volontario. Decise, dunque, si rivolgersi alla Corte d’Appello di Torino, che l’anno scorso riconobbe la donna le attenuanti generiche e quella specifica della provocazione (che le erano state negate nel primo grado), riducendo la pena ad 8 anni di reclusione. Tuttavia, la battaglia della colf che uccise, a Novara, il datore di lavoro molestatore non si è fermata ed è giunta all’ultimo grado di giudizio, ovvero la Corte di Cassazione. Questa ha respinto il ricorso della difesa dell’imputata, sottolineando che la sua “non fu legittima difesa“, e confermando la condanna ad 8 anni impartita dalla Corte d’Appello. La donna, attualmente, si trova agli arresti domiciliari, dove sconterà il resto della sua pena.
Novara: cosa accadde tra la colf e il datore di lavoro
La vicenda della colf che a Novara uccise il datore di lavoro molestatore risale, appunto al novembre del 2021. Al culmine di un litigio, si ricostruì in seguito, la donna, stanca di violenze e abusi sessuali, afferrò un coltello da cucina, con il quale colpì tredici volte Amicucci, lasciandolo a terra senza vita. La donna, poi, scappò in stato di choc da una vicina di casa, riacquisendo la calma e confessando, dopo l’arrivo dei Carabinieri chiamati nel mentre da lei o da un vicino di casa, l’omicidio compiuto. La ragione sarebbe appunto legata alle molestie che la colf era costretta a subire dal suo datore di lavoro di Novara, sul quale, nelle indagini, è venuto fuori un passato torbido fatto di denunce per reati collegati al Codice Rosso (anche contro la moglie dalla quale si era separato) e diversi reati contro la persona, tra lesioni e minacce.