Mi è sempre piaciuto (molto) di più il sabato della domenica. Nel giorno di sabato mi sembra che il tempo sia un galantuomo, affettuoso, gentiluomo: quando arriva domenica mi sembra sia sempre sempre vestita da tiranna, messa in posizione di assedio. Il sabato mi promette sempre bonaccia: “Domani è festa!” La domenica mi promette minaccia: “Ridi-ridi, che domani è lunedì!”



E’ da quando sono bambino che la vigilia è il mio tempo prediletto: mi accende il cuore di desiderio, d’attesa, abito in uno stato di inquietudine, di euforia, di conto-alla-rovescia. Non impazzisco affatto per i giorni della festa. A me la festa piace soltanto perché crea la vigilia. “Sono tutti bravi a saltare-su sul carro del vincitore quando ha vinto”. Ogni volta che devo festeggiare, mi rattristo un po’: nulla, quanto il desiderio, riesce a farmi battere il cuore. Possedere, per me, è aver tirato giù la serranda, rischiare di addormentarsi distraendosi. Ciò che ho perso, nella vita, l’ho sempre perduto quando mi sono detto: “Obiettivo raggiunto, festeggio!” Zac!, colpo mortale. Mario Luzi, poeta a me carissimo, ha intitolato un racconto, pubblicato postumo, Il tempo è una perenne vigilia. “Ecco qui! – mi sono detto appena l’ho adocchiato – Questo significa per me vivere la vita”. Una perenne vigilia, coi sentimenti tipici della vigilia di una festa.



Oggi inizia la Novena di Natale (16 – 24 dicembre) e, ogni volta che inizia, io rinasco un po’ bambino: ritorno a sedermi sulle gambe della nonna, lei che mi carezza dolcemente il viso e io contraccambio, tutti assieme “facciamo la novena” come soleva dirci a casa. La mia fede affonda qui le sue radici: non su un altare di marmo, ma su quello di carne delle gambe di mia nonna. Che, ospitandomi, ogni sera mi faceva aprire un’altra finestrella nell’albero che aveva preparato per noi. L’aprivo, scoprivo nascosto un cioccolatino, si faceva una preghierina appena scartato, prima di mangiarlo. Ave Maria, e buon appetito! Per nove sere si andava avanti così, finché l’albero non era tutto vuoto, perché il presepe era tutto pieno: dietro l’ultima finestra non c’erano cioccolatini ma una piccola statuina di Gesù-Bambino.



Nonna era la fantasia al potere: non c’erano sempre i cioccolatini, ad ogni novena lei cambiava il premio. Non era, nemmeno, solo la Novena di Natale: c’era la Novena dell’Immacolata, quella di Sant’Antonio, quella – era gelosa da non crederci – dell’otto settembre, il giorno in cui Maria apparve sul Monte Berico, Vicenza. “Ma quanto idiota sei – mi dice qualcuno quando sente che a me piace fare la novena – Credi ancora a queste stupidaggini?”. Non solo ci credo (e ne vado orgogliosissimo), ma prego Dio che mi aiuti a crederci fino all’ultimo istante. Anni fa, traducendo una versione dal greco, ho incontrato mia nonna a casa di Eraclito, un filosofo greco: «Il tempo è un gioco giocato splendidamente dai bambini» aveva scritto. Mi ritrovai, come per magia, la nonna seduta accanto a me, in classe: “Cosa ti ho insegnato da bambino?” sembrava dirmi. Facendo la novena a Gesù-Bambino, era come se ogni volta mi rispondesse in-diretta ad una domanda che mi tormentava il cuore: “Sono triste, nonna, perché il tempo vola quando sono felice” le confidavo. Lei, senza infarinature di teologia, mi rispondeva: “La cattiva notizia è che il tempo vola, quella bella è che sei tu il pilota del tempo”. Era magica: aveva la risposta giusta a ogni domanda. Io mi fidavo ciecamente di lei: ero il pilota del (mio) tempo, cosa avrei potuto chiedere di più a Gesù Bambino come regalo?

Fare la novena, negli anni, è rimasto il mio segreto per non smarrire la fanciullezza del cuore. Vado sù-e-giù con le mani nella corona ed è come ritornare a sedermi in quell’altare di gambe di quand’ero piccolo. In queste nove serate sperimento sulla mia pelle cos’è la comunione dei defunti: facendo-novena mi vengono a trovare i miei morti (non sono affatto morti, dunque), rivedo le facce di casa nostra, è come se fossimo tutti dentro la stessa stanza che ci prepariamo per uscire. Ci guardiamo, chiediamo un parere (“Sto bene vestito così?”), diciamo assieme le preghiere. Nove-giorni (il tempo della novena) è la durata del tempo più bello, la perenne vigilia del cuore. Natale è pieno-giorno: io adoro l’istante prima, quando tutto deve ancora accadere. E sono in attesa che tutto (ri)accada.