L’Italia potrebbe avere 15-20 mini centrali nucleari entro il 2050. Lo prevede il piano di Edison e Ansaldo, finito sul tavolo del governo Meloni. L’investimento complessivo è di 30 miliardi, mentre l’impatto positivo di 100 miliardi, compreso l’indotto, e di oltre mezzo milione di posti di lavoro (più altri 180mila nei successivi sessant’anni di esercizio. L’apertura del primo cantiere è prevista nel 2030, da completare entro il 2035, poi si proseguirà al ritmo di un reattore all’anno fino al 2050. In questo modo si risparmiano 400 miliardi rispetto ad uno scenario di sole energie rinnovabili. Il piano per il ritorno al nucleare dell’Italia è stato presentato nelle scorse settimane al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin dai vertici di Edison, Ansaldo Nucleare, Enea, Politecnico di Milano e Nomisma Energia.
Il Sole 24 Ore è venuto in possesso del documento confidenziale “Il nuovo nucleare in Italia: perché, come, quando“, 35 pagine con numeri, tabella di marcia, risvolti geopolitici e azioni istituzionali e governance da adottare. Nel documento si spiega che le nuove tecnologie nucleari sono caratterizzate «zero emissioni, sicurezza rafforzata e migliori prospettive economiche», inoltre «ridurranno la dipendenza energetica dell’Europa, diversificando le catene di approvvigionamento». Considerando i timori dell’opinione pubblica, si evidenzia la necessità di campagne educative. Invece, gli industriali, soprattutto gli energivori, hanno espresso «un interesse positivo».
PIANO PER IL NUCLEARE: “TECNOLOGIE SICURE”
Il piano per il ritorno del nucleare in Italia è un mix tra due reattori, gli Small Modular Reactors (Smr) e gli Advanced Modular Reactor (Amr), le tecnologie «più promettenti dal punto di vista economico e della sicurezza». Entrambe sono caratterizzate dalla “taglia ridotta”, che per Ansaldo Nucleare ed Edison offre diversi vantaggi: produzione seriale con assemblaggio in sito, modularità, maggiore sicurezza, minor impatto ambientale, integrazione con rinnovabili e compatibilità con l’attuale rete elettrica. Come evidenziato dal Sole 24 Ore, ciò comporta tempi di costruzione più brevi e costi minori. Gli Smr, dal punto di vista tecnologico, sono di terza generazione plus, raffreddati ad acqua e con uranio arricchito, invece gli Amr sono una quarta generazione e raffreddati a piombo.
Quindi, i primi possono essere già commercializzati nel 2030, mentre per gli altri bisogna attendere il 2040. Ma questi ultimi potranno usare come combustibile le scorie ad alta radioattività degli Smr. I mini reattori sono utili anche in chiave transizione energetica: forniscono «calore per le industrie chimiche e di raffinazione e per il teleriscaldamento», consentono di «produrre idrogeno per decarbonizzare i settori hard to abate» e «di dissalare l’acqua di mare» (il 10% di un Smr garantirebbe il fabbisogno di acqua potabile dell’Isola d’Elba).
PIANO PER IL NUCLEARE: GLI ALTRI BENEFICI
L’energia nucleare è considerata «la soluzione più efficace per decarbonizzare il sistema energetico». In base al dossier all’esame del governo Meloni, l’atomo al 2050 potrebbe coprire il 10% del fabbisogno energetico italiano, quindi sarebbe complementare alle rinnovabili e ai vincoli di rete. Come evidenziato dal Sole 24 Ore, la maggior parte dei reattori andrebbe al Nord. Diversamente dalle fonti green, non richiede rivoluzioni nel sistema elettrico, da qui il risparmio di 400 miliardi. Altri benefici sono macroeconomici, ambientali e strategici, oltre ad una spinta alla reindustrializzazione dell’Italia. Ma bisogna muoversi in fretta, sostengono gli autori del piano sul nucleare. Il ministro Pichetto e i colleghi di governo Matteo Salvini e Adolfo Urso si è espresso a favore del ritorno all’atomo.
L’idea del governo è di arrivare nel giro di sei mesi ad una road map condivisa, in nove mesi a vere e proprie linee guida. A livello istituzionale, si chiede la creazione di un gruppo tecnico interministeriale sotto la regia della Presidenza del Consiglio, per «definire la cornice normativa e istituire l’Autorità di Sicurezza Nucleare Italiana, avviare programmi di ricerca, partecipare a programmi e partnership europee, rafforzando il contributo di Enea». Da non sottovalutare il financing e il coinvolgimento dei principali stakeholders, come il mondo della grande industria, che si è già mostrato interessato.