Il dibattito sull’approvvigionamento del gas russo ha rilanciato il problema delle energie rinnovabili e Ursula von der Leyen è stata chiara: l’Unione europea vuole (vorrebbe) che nei prossimi anni i tetti europei siano coperti da pannelli solari per la produzione di energia elettrica ed entro il 2029 (ovvero dopodomani) lo siano – per cominciare – tutti gli edifici pubblici.



Fantastico affare per le imprese del settore ricordando che Ja Solar, Jinko, LONGi Solar, Trina sono alcuni dei marchi più presenti sul mercato mondiale e hanno in Cina, Taiwan e Corea le loro principali aree produttive. La decisione Ue svilupperà sicuramente anche aziende europee in questo campo, ma offre intanto a multinazionali extra-europee una grande occasione.



A parte i tetti e l’economicità dei pannelli per produrre acqua calda evitando il consumo di gas, il grande mercato delle auto elettriche è in piena espansione e sostenuto da forti inventivi pubblici. Il mantra del dover fuggire alle energie fossili è quotidiano, ma forse qualche numero andrebbe spiegato all’opinione pubblica, come fanno Celso Osimani e Ivo Tripputi in un loro testo controcorrente ma zeppo di dati e riferimenti. 

Per esempio, in Italia circolano circa 40 milioni di auto a uso privato. Prendendo un’auto media elettrica come la Tesla che percorresse 12.000 km/anno avremmo bisogno di 2.800 kWh ovvero di 112TWh/anno (fonti ACI). Come produrre questa energia abbandonando i combustibili fossili e rifuggendo dall’ energia atomica, vista come la peste del secolo? Nel 2020 in Italia con l’eolico si sono prodotti 18,5 TWh e quindi l’attuale parco eolico dovrebbe essere moltiplicato per sette solo per far funzionare le auto private in circolazione: colline punteggiate di pale oppure – più opportunamente – servirebbero grandi parchi eolici in Adriatico, l’unico mare italiano non troppo profondo.



Se invece passassimo al solare consideriamo la più grande centrale d’Italia (a Troia, in provincia di Foggia) che ha una superfice di 1,5 Kmq (più o meno 18 campi di calcio uno vicino all’altro), 275.000 pannelli in funzione con una potenza installata di 103 MW. La centrale – a regime ottimale – produce 150 GWh ed avremmo quindi bisogno di 750 (settecentocinquanta!) impianti come quello di Troia per soddisfare la domanda. Significherebbe occupare 1.125 km. quadrati di pannelli solari in aree prevalentemente di pianura, senza boschi, senza coltivazioni, senza abitazioni. Ricordando che l’Italia ha un territorio di circa 300.000 kmq significherebbe coprire di pannelli solari un’intera provincia: è mai pensabile?

Attenzione, però, perché resta comunque fuori dei conteggi tutto il traffico pesante (camion, bus, ecc.) ovvero i mezzi più inquinanti e la ricarica dei mezzi avvererebbe prevalentemente di notte quando la produzione è al minimo. Quante decine di milioni di batterie sarebbero necessarie per le auto e per conservare l’energia nel tempo? Come produrre, usarle, smaltirle e con quale sforzo di materie prime (tutte da importare in Europa) è una sfida che non è stata ancora risolta.

E qui, sommessamente, riemerge un’altra possibilità energetica che le autorità europee fanno finta di dimenticare, che quelle italiane aborriscono e che l’opinione pubblica è stata indottrinata a considerare come un disastro: l’energia nucleare. 

Una fonte energetica che – in molti Paesi – contribuisce già oggi in modo sostanziale al processo di produzione di elettricità e ha un inquinamento teoricamente nullo. 

In Italia parlarne è tabù anche se quasi il 10% dell’energia elettrica consumata nel nostro Paese già oggi è di produzione nucleare (importata a caro prezzo dalla Francia e dalla Svizzera), ma è un dato che non va pubblicato troppo o, giustamente, ci si comincerebbe a chiedere perché mai l’Italia abbia abbandonato un percorso tecnologico che cinquant’anni fa la vedeva all’avanguardia e che oggi rappresenta il 79% dell’energia prodotta in Francia.

In Cina, in Asia, nell’Europa dell’Est sono in costruzione nuove centrali (12 solo in Cina), incomparabilmente più moderne, sicure, automatizzate di quella già allora obsoleta di Chernobyl, ma quel disastro nucleare di ormai 36 anni fa – dovuto a una serie incredibile e colpevole di errori umani – resta ancora un blocco psicologico enorme.

Un lungo discorso – soprattutto sulle nuove prospettive delle centrali nucleari di “quarta generazione” – che andrebbe affrontato in Italia con prudenza ma senza preconcetti, eppure se appena un ministro ne accenna è immediatamente a rischio di impeachment. Andiamo avanti quindi con tante nuove auto elettriche che consumano buona parte della loro energia prodotta con i fossili o con energia nucleare importata dall’estero: quanta italica ipocrisia!

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