È recentissima la notizia che circa il 70% dei cittadini del Kazakhstan ha votato nel recente referendum per l’apertura di centrali nucleari per la produzione di energia elettrica. È bene ricordare che dopo lo “scioglimento” dell’Unione Sovietica, di cui la Repubblica del Kazakhstan faceva parte fino al 1991, il nuovo stato indipendente rinunciò, con annesso controllo internazionale, all’arsenale militare nucleare che si trovava sul suo territorio. È bene anche non dimenticare che in Kazakhstan, nella steppa nei pressi di Semipalatinsk (città in cui fu deportato Dostoevskij), si trovava il poligono nucleare dell’URSS, dove furono effettuate più di 400 esplosioni nucleari a cielo aperto, con le conseguenze che si possono immaginare.



Fu soprattutto merito del movimento antinuclearista Nevada-Semipalatinsk, guidato dallo scrittore Olzhas Suleimenov, poi primo ambasciatore del Kazakistan in Italia, se si arrivò a convincere il presidente Nursultan Nazarbaev a fare quella scelta.

Ora, può risultare strano che questo Paese, che all’Ovest galleggia sul petrolio e che in generale nella steppa infinita ha una possibilità enorme di produrre energia solare ed eolica (qui il vento ha spesso una forza eccezionale), sia arrivato a questa decisione. Forse la previsione della crisi in futuro della produzione dei combustibili per effetto dei movimenti green, forse il fatto di non essere stati toccati in modo significativo dalla crisi di Chernobyl, forse, soprattutto, la tendenza dei kazaki di mostrarsi sempre al pari dei Paesi tecnologicamente più sviluppati, hanno portato a questo punto.



Per quanto ci riguarda, a parte le ripercussioni, credo minime, che la scelta dei kazaki può comportare sulla riapertura del dibattito sul nucleare in atto nel nostro Paese, c’è da ricordare la significativa presenza dell’Eni in Kazakhstan. Per anni l’Eni ha avuto la leadership nell’esplorazione e nello sviluppo della produzione di idrocarburi e gas naturali nella regione che si trova sulle rive orientale del Mar Caspio. Oggi non a caso è impegnata nella costruzione di centrali di energia elettrica da fonti rinnovabili a Madamsha, nella regione di Aktobé. È poi di quest’anno, 16 luglio, l’annuncio che Eni e la società di stato KazMonayGas (KMG) hanno deciso di avviare la costruzione di un progetto congiunto per una centrale elettrica ibrida, fonti rinnovabili e gas, da 250 MW a Zhanaozen, nella regione di Mangystao.



Questo progetto è molto importante anche dal punto di vista politico, perché proprio in quella regione ci sono state clamorose proteste della popolazione sulla questione dell’impegno delle società straniere anche nel campo dell’occupazione.

Se poi, come sembra, gli accordi dovessero estendersi anche alla costruzione di una nuova centrale elettrica per la città di Almaty, ancora la città più popolata del Sud del Kazakistan, forse a qualche nostro giovane in cerca di lavoro, e magari di avventura, si aprirebbero nuove interessanti prospettive.

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