La dipendenza europea dal nucleare russo

Il quotidiano francese Le Monde nella sua edizione odierna ha lanciato un preoccupante allarme in merito alla gestione delle risorse energetiche da parte dell’Europa. Sembra, infatti, che oltre al gas, vi sia anche una dipendenza dal nucleare russo, ambito che non è tuttavia mai stato toccato da alcuna sanzione dallo scoppio della guerra con l’Ucraina ad oggi.



In particolare, a quanto evidenzia il quotidiano francesce, in Europa le importazioni di nucleare russo servono soprattutto per alimentare le centrali energetiche, specialmente nei paesi orientali dell’Europa. Ad importare tutta l’energia nucleare, oltre all’uranio, sarebbe il colosso energetico russo Rosatom, che è peraltro coinvolto nell’occupazione della centrale di Zaporizhia in Ucraina ed è l’unico fornitore di armi nucleari per la Russia. Attualmente Rosatom conta oltre 300 aziende collegate, con un parco dipendenti di circa 270 mila anime e partnership consolidate con oltre 50 paesi del mondo. Fu voluta nel 2007 dallo stesso Vladimir Putin, che ha riunito tutta la produzione nucleare russa sotto un’unica azienda, il cui controllo è quasi completamente in mano sua.



Nucleare russo: quanto se ne importa in Europa?

Sul quotidiano francese, oltre a lanciare l’allarme in merito alle importazioni di nucleare russo, che rappresentano l’ennesima dipendenza energetica dell’Europa da Mosca, si cerca anche di definire l’entità di questo fenomeno. Dei circa 440 reattori in funzione nel mondo, 80 sono di progettazione e produzione russa, dei quali 18 (rispetto ad un totale di 100) in Europa. In Bulgaria i due reattori nucleari, entrambi russi, producono un terzo dell’elettricità consumata dal paese, dato simile a quello della Repubblica Ceca, dove i reattori sono 6. Nel 2022, evidenzia il World Nuclear Industry Status Report, dei 53 reattori costruiti, 20 sono di Rosatom.



Similmente, sempre in merito al nucleare russo, oltre ad esportare concretamente i reattori, gestendoli nei paesi in cui vengono costruite le centrali, il gruppo Rosatom esporta anche l’uranio naturale. In questo ambito, la quota di mercato russa tocca il 20%, mentre il secondo esportatore di uranio è il Kazakistan, paese ampiamente sotto l’influenza russa. Inoltre, l’uranio necessita di due lavorazioni per essere utilizzato, la conversione e l’arricchimento, campi in cui il gruppo Rosatom controlla il 40% del mercato mondiale. Stimare, infine, il volume di affari economici che regola il mercato del nucleare russo non è affatto semplice, ma Le Monde fornise un paio di dati utili: il costo pagato dalla Turchia nel 2010 per quattro reattori russi si aggirava attorno ai 20 miliardi di dollari, mentre l’import di Uranio in Europa nel 2021 ha portato nelle tasche di Putin circa 210 milioni di euro.