Facciamo subito chiarezza, in modo molto semplice.

Qual è il limite di concentrazione del Trizio perché l’acqua sia potabile, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità? Risposta: 10.000 Bequerel per litro (nota 1: il Bequerel corrisponde a 1 decadimento radioattivo al secondo; nota 2: il Trizio è un isotopo radioattivo della famiglia dell’Idrogeno, vive in media 12 anni, dal punto di vista chimico è identico all’idrogeno ma nel suo nucleo ha 2 neutroni in più, che si aggiungono all’unico protone e lo rendono instabile cioè radioattivo, cosicché decade emettendo un elettrone).



E qual è il limite di scarico che utilizzeranno i giapponesi, nel rilasciare l’acqua triziata di Fukushima? 1.500 Bequerel al litro.

Anzi, il primo giorno (giovedì 24 agosto) scaricavano a 207 Bq/l. Per vedere come va oggi, basta andare sul sito della IAEA. I dati sono monitorati in continua e sono pubblici.

Quindi quell’acqua si potrebbe “bere”? Pare di sì. È pure desalata.



Potremmo concludere qui, che ne dite?

In realtà, c’è altro da aggiungere. Ma forse un grafico vale più di molte parole.

Radioattività negli Oceani. Credits

In sintesi: la diluizione nell’Oceano Pacifico del Trizio contenuto negli oltre mille serbatoi di stoccaggio realizzati sul sito della centrale nucleare di Fukushima, modificheranno di un quattrocentesimo il contenuto naturale dell’isotopo nei mari, addirittura di un novemilionesimo il contenuto della radioattività naturale complessiva, dovuta per oltre il 90% alla presenza di Potassio-40 (contenuto anche in cibi quali le banane), poi anche al Rubidio-87 e all’Uranio-238, oltre al Trizio stesso (nota 3: l’unità di misura utilizzata è il Peta Bequerel, PBq, ossia 1015 Bq).



E mentre la radioattività di Potassio, Rubidio e Uranio rimarrà pressoché costante nel tempo (avendo questi isotopi una vita media di miliardi di anni), il Trizio decadrà nei prossimi decenni, possedendo una vita media pari a 12 anni, come detto in precedenza.

Ma riavvolgiamo il nastro: cos’è successo a Fukushima dopo il terremoto e lo tsunami che nel 2011 hanno colpito il Giappone e danneggiato gravemente quattro dei sei reattori della centrale, innescando l’incidente di fusione del nocciolo per tre di quei reattori? Perché abbiamo più di 1000 serbatoi da oltre 1000 m3 ciascuno, sul sito, pieni di acqua debolmente contaminata?

Dopo l’incidente, l’acqua di mare veniva desalata e pompata per raffreddare i reattori, poi filtrata all’uscita per essere riutilizzata (operando quindi in ciclo chiuso).

Ma anche le acque piovane e sotterranee penetravano dal terreno nei reattori, contaminandosi. Per ridurre questo allagamento non voluto e il possibile sversamento di acqua radioattiva in mare, è stato realizzato un muro impermeabile tra la centrale e l’oceano e un “muro di ghiaccio” tra la centrale e la collina sovrastante, per evitare l’ingresso di acque sotterranee nei reattori.

L’acqua in eccesso (piovana, sotterranea, di raffreddamento) veniva quindi filtrata e stoccata in serbatoi installati sul sito. Per filtrare e ripulire l’acqua, sono stati realizzati sistemi di pre-trattamento nonché l’ALPS (Advanced Liquid Processing System), il sistema di filtraggio ad alta efficacia (oltre il 99,9%) per la rimozione di 62 radionuclidi. Tutti tranne il Trizio.

Nel 2021 il Giappone chiede supporto alla Iaea per valutare la migliore soluzione al problema dello stoccaggio.

La Iaea istituisce una task force con esperti internazionali da Argentina, Australia, Canada, Cina, Francia, Isole Marshall, Corea del Sud, Russia, Uk, Usa e Vietam. Il risultato dei 2 anni di lavoro e la sintesi dei numerosi documenti prodotti è nel Report 2023 “IAEA Comprehensive Report on the Safety Review of the ALPS-Treated Water at the Fukushima Daiichi Nuclear Power Station”, scaricabile dal sito IAEA, nel quale si valuta come sicura e adeguata la soluzione di diluire e diffondere in mare l’acqua contaminata dal solo Trizio. Sì, avete letto bene: il documento è firmato anche dagli esperti di Cina e Corea del Sud.

Cosa succederà quindi da ora e per i prossimi 20-30 anni? L’acqua triziata dai serbatoi sarà pre-diluita con acqua di mare, in rapporto 1:7, sotto al limite di 1.500 Bq/l (nota 4: il limite di scarico di acqua triziata secondo la legge giapponese è di 60.000 Bq/l) e sarà inviata in un tunnel sottomarino che sfocia a 1 km dalla costa (dove la pesca è interdetta sin dal 2011).

La concentrazione attuale di Trizio negli oceani è nell’intervallo 0,006-0,12 Bq/l, tale limite sarà raggiunto anche a Fukushima ai confini dell’area di 10 km x 10 km dal punto di scarico, individuata come area di valutazione. Tutto il processo di diluizione e di diffusione sarà costantemente monitorato e valutato da esperti internazionali.

È stata svolta anche una Valutazione di impatto ambientale radiologico: le dosi annuali di radiazione alla popolazione e alla fauna-flora marina sono tra 1000 e 1.000.000 di volte inferiori al limite imposto dalle normative.

Un suggerimento, per concludere: se siete curiosi o anche scettici sul tema (è lecito e comprensibile), informatevi da chi ne sa e non fa del terrorismo mediatico sull’argomento il proprio obiettivo di comunicazione. Sul sito IAEA troverete anche un database con le misure di radioattività di tutti i mari del mondo (Marine Radioactivity Information System – MARIS).

E se vi regalano del sushi dal Giappone, mangiate tranquilli.

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