Martedì 30 aprile. “L’attesa è finita”, grida la mia chat. Ecco apparire su whatsapp il tanto agognato documento del G7 Clima-Energia-Ambiente. Per apprezzarlo meglio, decido di far precedere la lettura dello scritto da quella dei tre comunicati precedenti, con attenzione dedicata alle parole chiave “energia” e poi “nucleare”.
2021, Regno Unito (ma online, visto che siamo in periodo di pandemia da Covid-19). Per il “G7 Climate and Environment Ministers’ Meeting”, le crisi sono solo due, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Nelle 27 pagine del documento, all’energia sono dedicati solo 11 punti (dei 76 complessivi) nel capitolo “Climate Change”. Al nucleare l’ultimo punto, fatto da 3-righe-3, aperte dalla solita dicitura indispensabile perché la Germania si turi il naso e firmi: “Quei Paesi che scelgono di utilizzare l’energia nucleare…”, pensano che sia cosa buona e giusta. Perché è conveniente, è carbon-free e perché assicura l’approvvigionamento. Stop.
2022, Berlino. Per la prima volta è il meeting dei “Climate, Energy and Environment Ministers”, che si apre con la giusta invettiva alla Russia per aver invaso l’Ucraina in barba al diritto e a tutti i princìpi delle leggi internazionali. L’energia fa un salto di livello e sale di importanza, grazie (si fa per dire) a Putin. E all’inizio del documento le crisi globali da due sono diventate tre. Sorpresa! Vuoi dire che i ministri dell’Energia hanno raggiunto al tavolo i colleghi dell’Ambiente e del Clima, e han fatto presente che oltre al clima e all’ambiente abbiamo un problema geopolitico (immediato) grosso come una casa (e un altro in prospettiva, guardando a oriente), e che Putin ha fatto peggio del Covid, costringendo, in tempi sani, molte aziende alla chiusura per i costi insostenibili dell’energia? Speranza delusa. La tripla crisi è invece “clima-biodiversità-inquinamento”.
Almeno il tema energetico è accennato già nei punti di apertura, con riferimento alla necessità di investire adeguatamente nelle tecnologie pulite. Appaiono anche due punti nuovi: le filiere industriali e i minerali critici. In casa dei tedeschi, nelle 39 pagine le questioni ambientali vengono messe prima di quelle del clima e della transizione energetica. Ai temi dell’energia sono dedicati ancora 11 punti (su 84 totali), quello del nucleare diventa di 8 righe, per la prima volta vengono citati gli small modular reactors.
2023, Sapporo. In Giappone, l’apertura contro la Russia si conferma così come il preambolo dedicato alla triplice crisi. I punti sull’ambiente precedono ancora quelli su clima e energia. All’interno delle 36 pagine e dei 92 punti, compaiono in modo esplicito le parole chiave “crisi” e “security” (sicurezza dell’approvvigionamento) in due dei 18 punti dedicati alla transizione energetica. Quello sul nucleare si allunga a ben 25 righe, nelle quali ricompaiono gli small modular reactors, si cita la necessità di sviluppare una supply chain robusta, anche per ridurre la dipendenza dalla Russia sul combustibile nucleare, infine nasce un gruppo di lavoro dedicato all’energia atomica.
Infine 2024, Torino. L’incipit delle 35 pagine e dei 65 punti è ancora di accusa alla Russia ma si citano anche altre situazioni di crisi geopolitica, in particolare si chiede il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. La triplice crisi rimane quella di clima-biodiversità-inquinamento. Nel cappello introduttivo si esalta il ruolo-guida dei Paesi del G7, poi si passa subito ai temi clima-energia, che stavolta sopravanzano quelli sull’ambiente.
Addirittura 36 righe per il punto sull’energia nucleare: un’apoteosi! Pure qui in apertura un paio di riferimenti alla Russia: la necessità di promuovere l’indipendenza dal combustibile e dai pezzi di ricambio di Putin per i reattori di tecnologia russa che operano nei paesi dell’Est Europa. E l’accusa per l’occupazione e la militarizzazione della centrale di Zaporizhzhya. Peccato manchi la cosa più importante: la condanna ai bombardamenti e al lancio di droni sulla centrale, qualunque sia stata la parte responsabile.
Oltre al doveroso rilievo circa l’importanza della sicurezza, della salvaguardia e della non-proliferazione, si promuove la ricerca, lo sviluppo e la realizzazione dei piccoli reattori modulari, di quelli avanzati e pure di quelli micro. Si vede però che la Germania si è fatta sentire (e che l’Italia è stata ad ascoltare), perché oltre alla solita frase “Per quei Paesi che scelgono di utilizzare l’energia nucleare…”, si legge anche “mentre per i Paesi che non utilizzano energia nucleare o non ne supportano l’uso…”. Chi è a favore, riconosce il ruolo dell’atomo nella decarbonizzazione, nel miglioramento della sicurezza di approvvigionamento e nel positivo impatto socio-economico. Chi è contro, dice che “ottiene gli stessi risultati in altro modo, dopo aver valutato rischi e costi dell’energia nucleare”. Perché, i Paesi che sono a favore non l’hanno fatto? Mi sfugge il motivo di questa concessione ai tedeschi (ma forse hanno le elezioni europee pure loro).
Ma le sorprese non finiscono qui. Ce lo si poteva aspettare, ma per la prima volta, in un punto dedicato, viene citata l’“energia da fusione”. Ma come, non era nucleare pure quella? Probabilmente associare il termine “nucleare” alla parola “fusione”, è fisicamente e ingegneristicamente ineccepibile, ma molto politicamente scorretto e fa poco green. Il riferimento è molto cauto (“con i futuri avanzamenti della tecnologia la fusione ha il potenziale di…”) ma ottimista. Ben 27 righe per non citare mai la parola nucleare. D’altronde, perché spaventare il lettore, dicendo la verità? Meglio far passare implicitamente l’idea che la fusione non sia nucleare, non possa avere incidenti e non possa rilasciare radioattività. Come dite? Si produrrà trizio nei reattori nucleari a fusione del futuro? E il trizio è uno dei componenti principali delle bombe atomiche? E il trizio è pure radioattivo? E si producono pure neutroni, nella fusione nucleare, che rendono radioattivi i materiali che incontrano, come nei reattori a fissione? Be’, non è indispensabile dire queste cose, e proprio ora…
Ma il passaggio più importante è sull’approccio regolatorio, cioè sulle procedure autorizzative alle quali in futuro dovranno rispondere i reattori nucleari a fusione per essere approvati, costruiti e gestiti. Si dice (giustamente) che tali approcci dovranno garantire alti livelli di sicurezza, essere proporzionati a rischi e pericoli della tecnologia da fusione e che dovranno considerare i caratteri innovativi della stessa. Tutte cose sacrosante, che peraltro già fanno parte dell’approccio di sicurezza nei reattori nucleari a fissione, strutturato e validato da anni-reattore di esperienza sul campo e fondato sui princìpi cardine della difesa-in-profondità (in sintesi: barriere multiple al rilascio di elementi radioattivi in ambiente) e delle valutazioni deterministiche-probabilistiche di scenari incidentali, complete di test sperimentali sulla sicurezza. Un approccio, anzi, una cultura della sicurezza che sarebbe meglio venisse confermata anche per i reattori nucleari a fusione e che non necessita di essere stravolta, tanto più che i reattori a fusione potrebbero soddisfare quei requisiti molto più facilmente dei reattori a fissione, grazie alle loro caratteristiche fisiche intrinseche.
Mentre leggo quello del G7, mi scappa l’occhio su un altro comunicato, quello del B7, il gruppo di lavoro parallelo dedicato alle imprese e al business, che riporta con maggior dettaglio la dimensione degli impegni finanziari solo accennati al punto 14 (Climate finance) del documento ministeriale. Il comparto industriale esplicita che per raggiungere gli obiettivi del net zero al 2050, serve passare dagli attuali 1800 miliardi di investimenti mondiali all’anno a oltre 4300 annui, più del doppio. Sinora in gran parte pubblici.
Il numero preoccupa e fa riflettere, pensando all’attualità. L’Europa ha necessità di investire fondi, e tanti, per una difesa comune. L’Italia ha urgenza di investire fondi, e tanti, sul sistema sanitario, ormai al collasso in quanto a servizi e risorse umane. E non è l’unico settore in drammatica sofferenza, a casa nostra: vogliamo parlare di infrastrutture? di dissesto idrogeologico, problema che si acuirà maledettamente con l’aumento in atto dei fenomeni meteorologici estremi? Per il resto, ciascuno può fare la propria lista di priorità.
Chiusura leggera. Confesso, a pagina 22 di 34 mi sono addormentata. Ecco allora apparirmi Antonio Lubrano, che dolcemente dondolando la testa arringa: “Salve. A questo punto, la domanda sorge spontanea: ma le case green e le auto green…”
Che assorbiranno fondi nazionali, e tanti, reagisco io.
“…sono veramente una nostra priorità? Non so, chiedo”.
E Totò, sbucato da sotto, di rimando: “Vota Antonio, vota Antonio, vota Antonio”.
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