Qualche giorno fa è stata pubblicata la prima rilevazione trimestrale del sistema informativo Excelsior sino a oggi caratterizzato da una cadenza annuale. I dati della rilevazione Excelsior offrono numerosi spunti che vale la pena sottolineare.
In primo luogo, nonostante la fase congiunturale difficile, il sistema produttivo italiano si dimostra capace di generare numerose opportunità di lavoro. Nel terzo trimestre sono previste più di 160 mila nuove assunzioni, un dato in crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Questi dati hanno fatto molto discutere, così come la stampa ha dato molto risalto al fatto che le figure professionali maggiormente richieste siano cuochi, camerieri e addetti alla ristorazione (il che non stupisce dato il periodo delle rilevazione).
Per evitare confusioni con la forte stagionalità della domanda di alcune figure professionali è utile concentrarsi sulla componente “non stagionale” (circa i 2/3 del totale) che segnala la parte strutturale delle assunzioni programmate. Emerge come circa il 20% delle figure professionali in entrata siano di difficile reperimento, mentre per circa il 40% dei casi le assunzioni sono esplicitamente rivolte a giovani con meno di 30 anni.
In termini settoriali, settori quali informatica, servizi avanzati, legno mobile, chimica e metallurgia mostrano percentuali di assunzioni definite di difficile reperimento superiori al 30%. La motivazione della difficoltà di reperimento sembra essere più l’inadeguatezza dei candidati che la loro scarsa numerosità, tanto è vero che la stragrande maggioranza delle imprese (più dell’80%) dichiara di voler fare ulteriore formazione alle figure professionali in entrata.
Considerando le figure professionali, quelle che in termini relativi sono caratterizzate dalla maggiore difficoltà di reperimento sono quelle apicali: dirigenti, specialisti e tecnici. Essi non costituiscono la fetta preponderante delle assunzioni previste, sono circa il 20%, ma sono tuttavia le figure professionali su cui il sistema formativo ha la maggiore capacità di incidere. All’interno di questo gruppo spicca la posizione dei tecnici che rappresentano i 3/4 delle figure in entrata di maggior specializzazione.
Tali figure sono spesso indicate dalle imprese come di difficile reperimento (circa il 25/30% dei casi). Per queste posizioni le imprese spesso chiedono persone giovani (meno di 29 anni), ma con esperienza. In questa frase è sintetizzata la difficoltà del sistema italiano: è molto difficile per le imprese trovare giovani con esperienza lavorativa.
Può sembrare paradossale che l’esperienza sia richiesta ai giovani, ma il paradosso non è più tale se pensiamo al fatto che il nostro sistema formativo è prevalentemente basato su attività didattica standard in cui la partecipazione dell’impresa è praticamente nulla. Ne consegue che l’esperienza lavorativa viene fatta solo sul luogo di lavoro alla fine del processo formativo (che in Italia sappiamo essere più lungo che in altri paesi). Tutto ciò vale sia per la formazione terziaria che, soprattutto, per quella secondaria, dove il fallimento delle scuole professionali e dei corsi parauniversitari è palese.
Questi percorsi formativi in altri paesi (ad esempio, in Germania, Austria e Svizzera) riescono a preparare tecnici e specialisti altamente qualificati e fortemente richiesti dal mercato. Ciò avviene coniugando strettamente l’attività formativa tradizionale con quella sul posto di lavoro; scuola e impresa compartecipano a formare i giovani che terminano la formazione avendo già accumulato esperienza lavorativa e dunque migliorando sensibilmente non solo le proprie competenze, ma anche la propria occupabilità. Infatti, con un background formativo di questo tipo il passo dalla scuola al mercato del lavoro è breve e naturale.
In Italia sono anni che si parla di riformare gli istituti professionali in questa direzione, favorendo lo svolgimento di una parte dell’attività formativa sul luogo di lavoro, senza tuttavia raggiungere lo scopo. Pochi giorni fa il Ministro Sacconi ha presentato la riforma dell’apprendistato che sarebbe l’alveo naturale all’interno del quale realizzare queste iniziative.
Potenzialmente questa riforma è decisiva per rendere finalmente attraente e qualificante un percorso formativo per tutti coloro che desiderano acquisire competenze e qualifiche senza necessariamente dover andare all’università. Il suo successo può essere un tassello importante per la competitività del sistema produttivo italiano che, come abbiamo visto, richiede fortemente queste figure professionali.