Secondo i dati Eurostat, a oggi il tasso di disoccupazione in Europa ha raggiunto il suo livello massimo dal 1998, quindi prima dell’introduzione della moneta unica, toccando quota 10,4%. Tutto sommato un tasso non rovinoso, considerando il momento drammatico della nostra economia; anche se, guardando ai singoli paesi, si può notare che sotto il 5% sono solo Austria e Olanda, mentre altri, tra cui Spagna e Grecia, si attestano attorno al 20%. Nel 2012, buona parte dei paesi europei si troverà a fare i conti con tassi di disoccupazione che non erano così elevati da più di 20 anni, eccezion fatta per la Germania, dove la disoccupazione è scesa nel 2011 al 6,8%, il livello più basso mai raggiunto dopo la riunificazione del 1989. E infatti la Germania è diventata la nuova frontiera dell’emigrazione europea.



Tra le grandi d’Europa soffrono anche Italia e Francia. Nel Bel Paese il tasso di disoccupazione si è attestato all’8,9% e non era così alto dai primi anni ‘90. Non sta meglio la Francia, il cui numero di cittadini disoccupati rappresenta il 9,9% della popolazione attiva. Limitando però lo sguardo alla disoccupazione giovanile, la situazione è decisamente preoccupante: la Spagna è in testa con quasi il 50%, seguita a ruota dalla Grecia, mentre l’Italia, assieme a Slovacchia, Lituania, Irlanda e Lettonia, si attesta attorno a un comunque preoccupante tasso del 30%.



Ma quali sono le cause di questa situazione? Per alcuni paesi sicuramente le conseguenze della crisi economica e finanziaria si sono riversate soprattutto sull’occupazione giovanile e sono state aggravate da problemi strutturali. In Italia, invece, le ragioni dei tassi della disoccupazione giovanile sono da ricondurre alla frammentazione del mercato del lavoro, la cui modalità di circolazione dell’informazione segue il canale informale penalizzando quindi chi non ha una rete di conoscenze valide. È inoltre presente un sistema di sostegno al reddito in caso di disoccupazione anch’esso frammentato, che tende a privilegiare chi un posto lo ha perso piuttosto che chi non riesce ad averlo.



Per far fronte a questa emergenza europea, il Presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, ha deciso di inviare task force di esperti Ue in otto paesi, fra cui Spagna, Grecia, Portogallo e Italia, con il compito di aiutare le autorità nazionali ad adottare azioni mirate per contrastare il fenomeno. Gli action team hanno un tempo limitato di intervento a qualche settimana e, inoltre, hanno il compito specifico da una parte di individuare le modalità di utilizzo delle risorse attinenti fondi strutturali europei rimasti inutilizzati (nel complesso 82 miliardi di euro in tutti i 27 Stati membri); dall’altra anche di supportare le piccole e medie imprese ad avere accesso a prestiti e finanziamenti.

La Spagna, in questa situazione merita un’attenzione a parte, in quanto le cause dell’alto tasso di disoccupazione sono legate all’elevato abbandono scolastico, che ha un impatto sulla capacità di rispondere alla domanda del mercato del lavoro. D’altra parte, venerdì scorso il Premier Mariano Rajoy ha varato una riforma del mercato del lavoro che prevede una riduzione degli oneri a carico delle imprese per coloro che escono dal mercato del lavoro, una riduzione dell’ammontare dell’indennità di licenziamento a carico dell’azienda e la previsione di agevolazioni fiscali per chi assume giovani sotto i 30 anni.

La riforma ha la finalità di superare il dualismo del mercato del lavoro spagnolo tra lavoratori stabili e non, problema anche italiano. Per questa ragione guardiamo con attenzione alle modalità che le istituzioni iberiche stanno adottando per tentare di risolvere problemi che ci accomunano.