La scorsa settimana è stato presentato il dodicesimo Rapporto dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Milano (Gli anni dell’incertezza. Economia e lavoro in Provincia di Milano. Rapporto 2011, edito da Franco Angeli). In poco più di un decennio, questo rapporto si è sempre più trasformato in un qualificato strumento di riflessione sia sulle dinamiche economiche, sia su quelle occupazionali dell’area milanese, ponendo particolare attenzione ai mutamenti qualitativi del lavoro, ai cambiamenti delle forme contrattuali e di tutela dei lavoratori. Un’antenna attiva sul territorio, capace di analizzare i cambiamenti, anticipare le tendenze e orientare i fenomeni economici e occupazionali.

Le politiche di rigore seguite in questi anni dal nostro Paese hanno reso la nostra economia più dipendente dal ciclo internazionale, com’è dimostrato dal fatto che, in Italia nel 2011, solo le esportazioni estere hanno evidenziato un andamento positivo, mentre la domanda interna si è presentata stagnante (-0,9%, su base annua). Come ha messo in luce la Banca d’Italia, i trasferimenti all’estero di beni e servizi hanno chiuso il 2011 con un saldo attivo del 5,6%, ma con un drastico rallentamento nell’ultimo trimestre 2011, proseguito nei primi mesi del 2012. Di contro, i consumi interni hanno registrato un dato annuale quasi nullo (+0,2%), dopo tre trimestri consecutivi con valori negativi. Lo stesso è valso per gli investimenti fissi lordi, che nell’ultimo trimestre 2011 hanno raggiunto un calo pari ai valori registrati nel 2009 (-9,9%). L’andamento complessivo di questi indicatori ha, a ogni modo, consentito la chiusura nel 2011 del Prodotto interno lordo allo 0,4%, per accentuarne fortemente la decrescita nel primo trimestre del 2012.

Nel territorio della Provincia di Milano, nonostante il pesante ridimensionamento subìto nella prima fase della crisi, l’Industria ha fatto registrare un buon andamento grazie al ruolo svolto dall’export nel 2010 e nel 2011, anno quest’ultimo in cui, però, la produzione industriale ha registrato un progressivo rallentamento. Più contradditorio è stato l’andamento negli altri settori e, in particolare, nei Servizi. Il comparto dell’Artigianato ha evidenziato un andamento positivo nei primi sei mesi dell’anno scorso, con un drastico ridimensionamento nel terzo e quarto trimestre. In negativo, in particolar modo, il Commercio che, durante tutto il 2011, ha registrato ulteriori flessioni, pari a quelle verificatesi negli stessi periodi del 2010. Costantemente negativo, infine, è stato anche l’andamento delle Costruzioni, a conferma della persistente situazione di crisi del settore. Per quanto riguarda i riflessi sulla struttura produttiva locale, il saldo tra le nuove imprese e quelle cessate si è mantenuto costantemente negativo, soprattutto a causa del numero più elevato di quelle chiuse nei settori industria, costruzioni e commercio.

I riflessi di questo andamento dell’economia milanese si sono, ovviamente, fatti sentire a livello occupazionale. Nel 2011, secondo l’Istat, l’occupazione nell’area milanese è aumentata dell’1,1%, ma resta comunque inferiore dell’1,7% ai livelli del 2008: il dato positivo è dovuto all’incremento dei lavoratori part-time (17,8%) e a quelli a tempo determinato (8,8%). Di contro, la disoccupazione, pur presentando una diminuzione dello 0,9% nel 2011, si è mantenuta a livelli superiori anche a quelli del 2009, anno in cui la crisi non aveva ancora prodotto tutti i suoi effetti. Nel periodo ottobre-dicembre dell’anno scorso, i disoccupati milanesi sono ricominciati ad aumentare in modo significativo, analogamente a quanto evidenziato dalla disoccupazione certificata, registrata dai Centri per l’Impiego (Cpi) e poi esplosa nel corso dei primi mesi del 2012.

Paolo Giovanni Del Nero, Assessore allo Sviluppo Economico, Formazione e Lavoro della Provincia di Milano ha commentato così la fotografia emersa da questo rapporto, non tralasciando un pensiero per chi sta riscrivendo oggi le regole del lavoro: “La crisi finanziaria, che si è intensificata dalla seconda metà del 2011, è diventata una grave crisi economica. Ciò ha reso necessario al Governo esistente di ricorrere a pesanti interventi su vari aspetti dell’economia italiana, compresi quelli in ambito giuslavorista. L’attuale riforma Fornero, a mio parere, penalizza molto il mercato del lavoro in ingresso”.

A proposito di ingresso nel mercato del lavoro, “Confcommercio – ricorda Gianroberto Costa, Segretario Generale di Confcommercio Milano – ha sottoscritto il 24 marzo, al Forum di Cernobbio, il primo accordo per il riordino dell’apprendistato, contratto che assume un ruolo centrale, nella riforma del mercato del lavoro, per l’occupazione giovanile. L’istituto dell’apprendistato nel terziario costituisce il 40% delle richieste totali di attivazioni a livello nazionale e l’80% degli assunti – dato molto importante – viene confermato. Inoltre, il recente protocollo siglato da noi e dalle altri parti sociali con la Provincia di Milano valorizza, con la sperimentazione della certificazione, le competenze acquisite nell’apprendistato professionalizzante. Ma in altri ambiti, la riforma del mercato del lavoro così com’è attualmente configurata, rischia di aggiungere una pesante zavorra alle tipologie contrattuali utilizzate dalle imprese nei nostri settori: dal contratto a termine gravato di contributi, all’irrigidimento del part-time e delle collaborazioni a progetto, all’appesantimento burocratico del lavoro intermittente fino alla compressione di uno strumento di grande utilità come i voucher lavoro”.

Claudio Negro, Segretario generale aggiunto di Uil Milano e Lombardia, si sofferma sull’importanza dell’integrazione Istruzione-Formazione-Lavoro rispetto al tema dell’apprendistato: “L’apprendistato è molto importante, ma va perfezionato con una vera alternanza scuola-lavoro. Il problema vero però è che in Italia abbiamo un grosso problema culturale, questo è un Paese dove una tradizione culturale molto sedimentata afferma che il lavoro è un diritto e che qualcuno te lo deve dare, non è facile contrastare questa cultura ed è ciò che dovrebbe fare il sistema dell’educazione. Dovremmo chiederci quali valori veicola il sistema dell’educazione e quali veri link crea col mondo del lavoro”. Anche Romano Guerinoni, in rappresentanza della Camera di Commercio di Milano, insiste sull’importanza del valore educativo del lavoro per i giovani: “È fondamentale. Occorre che il sistema educativo si rinnovi e liberi il lavoro dall’ideologia, che è vecchia. Occorre invece realisticamente valutare il peso che il lavoro, la persona in azione realizza come desiderio di felicità di sé nella vita”.

Negli anni della grande recessione Milano sembra rispondere all’incertezza con il consueto dinamismo che la contraddistingue. Vien da chiedersi quanto la provincia e la filiera più produttive ed europee che abbiamo in Italia siano di fatto aiutate da relazioni industriali poco moderne e da una legislazione che ancora fatica a riconoscere nell’impresa l’epicentro dell’economia e del lavoro. Ricordiamo che una recente ricerca del Crisp (Centro di ricerche dell’Università di Milano Bicocca) in Lombardia, mostra come la mobilità delle persone è sempre più crescente, indipendentemente dalla tipologia contrattuale utilizzata per la regolarizzazione del rapporto di lavoro. La durata media per le assunzioni con contratti a tempo determinato è pari a sei mesi circa; per il tempo indeterminato è pari a circa 14 mesi il tempo medio presso il medesimo datore di lavoro.

Questo ci dice che il nostro mercato del lavoro è un mercato mobile, che chiede flessibilità. Crescere i costi della flessibilità, come pare fare la riforma che il Parlamento sta per approvare, significa certamente irrigidire il mercato del lavoro non favorendo la crescita e lo sviluppo.