Sono stati pubblicati ieri dall’Istat i dati sul mercato del lavoro del terzo trimestre 2013 ed emerge una situazione sempre più critica per il Paese, soprattutto al Sud. Prosegue il calo del numero di occupati di età compresa tra 15 e 64 anni (-2,4% rispetto allo stesso trimestre dell’anno prima, pari a -543 mila unità), soprattutto nel Mezzogiorno, dove si assiste a una diminuzione di 319 mila unità, pari a -5,2% rispetto a un anno fa. La riduzione è percentualmente più rilevante per gli uomini (-3%) e un po’ più contenuta per il genere femminile (-1,6%).



I dati sono molto più negativi se guardiamo la popolazione dei giovani: si registra, rispetto al 2012, una perdita del 12,4% (-145 mila) a livello nazionale, con il Mezzogiorno che vede il valore percentuale calare del 16,1%, corrispondente in valore assoluto a -56 mila unità. Queste dinamiche influenzano negativamente il tasso di disoccupazione, che nel terzo trimestrale arriva all’11,4%, in crescita di 1,5 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente; per gli uomini l’indicatore passa dal 9%, all’attuale 10,9%; per le donne dall’11,1% al 12,2%.



Da ultimo è importante segnalare che aumentano, per il tasso di disoccupazione, i divari territoriali: nel Nord-Ovest si attesta all’8,3% (+0,9 punti percentuali), nel Nord-Est al 7,0% (+0,7 punti percentuali), nel Centro al 10,4% (+1,5 punti) e nel Mezzogiorno al 18,7% (+3 punti percentuali).

Ai timidi segnali di ripresa economica annunciati si contrappongono i dati del mercato del lavoro, sempre più critici, in particolare per i giovani e per il Mezzogiorno. Poco è stato fatto finora, e il problema non è solo italiano, ma coinvolge molti paesi del nostro continente, in particolare quelli del Mediterraneo. In questo senso il dibattito coinvolge l’Unione europea, che recentemente ha avviato un programma di interventi a sostegno dell’occupazione, in particolare per i giovani (Garanzia Giovani).



Gli obiettivi sono semplici (nelle linee strategiche): offrire a tutti i giovani un’opportunità di lavoro o di formazione o l’insieme delle due. Sono stati stanziati molti fondi dall’Unione europea, anche per il nostro Paese, e il nostro governo ha fatto finora diversi annunci. Ma non si conoscono ancora le modalità di impiego dei fondi e tantomeno di attuazione delle politiche annunciate. Bisognerà aspettare (anche se occorre fare presto) per giudicare le ipotesi del governo, ma qualche breve riflessione è possibile. L’offerta di un’opportunità per tutti, usando una metafora calcistica, significherebbe per i giovani poter entrare in campo, mettendosi alla prova dei fatti e lasciando la panchina in cui molti (troppi) sono stati tenuti per molto tempo (e senza un soldo). Si potrebbe assistere a un fatto di equità, che agisce sulla libertà dei singoli e risponde a un bisogno primario, soprattutto dei giovani, di essere messi nelle condizioni di poter uscire da un’incertezza totale, imparare un mestiere e collaborare alla costruzione del futuro proprio e della società tutta.

L’ipotesi è interessante e per attuarla correttamente occorrerebbe che tutti i fattori in gioco (ad esempio, quelli sopra richiamati) non siano dimenticati nel modello e nelle modalità di attuazione delle politiche di intervento. Occorre evitare un approccio burocratico, il finanziamento di strutture incapaci di gestire i servizi, attuare modelli di monitoraggio e valutazione (soprattutto dell’efficacia) delle azioni che verranno intraprese.

In ultima analisi, diverse sono le azioni di intervento private e pubbliche che nel nostro Paese da anni rispondono efficacemente ed efficientemente ai bisogni dei giovani e meno giovani e che rappresentano un’eccellenza (best practice) a livello europeo. La speranza è che si parta dalla valorizzazione di tali modelli e strutture, anziché cercare di reinventare o rivitalizzare strutture e modelli obsoleti, non innovabili e costosi. 

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