Il nostro istituto nazionale di statistica ha presentato nei giorni scorsi la nuova versione del rapporto “Italia in cifre”. Con questo documento, l’Istat vuole offrirci un profilo sintetico dei principali aspetti economici, demografici, sociali e territoriali del nostro Paese, nonché di alcuni fondamentali comportamenti e abitudini di vita degli italiani. Una sorta, insomma, di foto di famiglia costruita sulla base di serie rilevazioni statistiche.

La famiglia Italia ha, quindi, circa 60 milioni di membri di cui oltre 4 milioni nati fuori dallo stivale ( la quasi totalità di questi oltre i confini della grande casa chiamata Europa). Il 35% di noi italiani, inoltre, è sposato e ha almeno un figlio, ma ben il 30% vive da solo. Siamo sportivi ma non troppo, infatti solo poco più del 20% pratica sport con una certa regolarità, mentre questo livello viene superato di oltre 10 punti quando si fa riferimento ai nostri concittadini che si concedono tutti i giorni almeno un bicchiere di vino. Anche quando ci dobbiamo muovere solo 4 volte su 100 usiamo la bicicletta, continuiamo a preferire l’auto privata (oltre il 74%) e con i mezzi pubblici abbiamo poca familiarità (solo il 2,6% usa, ad esempio, i pullman).

Amiamo parlare, probabilmente ovunque; oltre il 90% delle nostre famiglie ha infatti un cellulare, ma, ahimè, poco più del 55% ha accesso alla rete. I numeri ci dicono, quindi, come il tema dell’agenda digitale non sia solo uno slogan per la prossima campagna elettorale. In compenso guardiamo molto la TV (92% delle famiglie), ma leggiamo poco libri e giornali (fatta forse eccezione per la fondamentale lettura della Gazzetta la mattina al bar).

Sono, inoltre, 22 i milioni di nostri concittadini che lavorano (oltre la metà sopra Bologna), mentre sono circa 3 milioni gli italiani che sono in cerca di un’occupazione. Il 68% degli occupati, in particolare, opera nei servizi. Se sono, quindi, solo il 13% i lavoratori con un contratto a termine nel nostro Paese, questo dato supera il 50% tra i nostri giovani ponendoci, in questo caso, 10 punti sopra la media dell’Ue. Una dinamica che, ahimè, si riproduce anche quando si parla di disoccupazione. Se il sistema Paese supera di poco il 10% (11,9% le donne), tra i giovani (15-24 anni) questi tassi raggiungono un poco invidiabile 35% (37,5% per le ragazze).

L’Istat ci fornisce così, a suo modo, e con la crudezza della statistica, lo stato di salute del nostro Paese e, in particolare, del nostro mercato del lavoro. Nel 2014, dopo le vacanze natalizie, sarà quindi responsabilità dei tre giovani medici (Alfano, Letta e Renzi) trovare la ricetta giusta per rimettere in sesto il paziente che ancora sembra abbastanza sofferente per la dura crisi economica e sociale degli ultimi anni. Poco interessa al malato se la medicina avrà un nome inglese (il Job Act) o meno, l’importante è che il Paese possa tornare a camminare e magari (sempre che lo voglia) anche a correre.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com