Mentre le previsioni del tempo ci lasciano sorpresi perché spesso negli ultimi mesi non sono rispecchiate, tutto sembra muoversi secondo le previsioni e, “quasi scontati” sembrano i numeri che emergono dai dati sull’occupazione elaborati dall’Istat relativi al secondo trimestre 2013. 

Sono dati drammaticamente in linea con quanto previsto da mesi. Si accentua la diminuzione su base annua del numero di occupati (-2,5%, pari a -585.000 unità), soprattutto nel Mezzogiorno (-5,4%, pari a -335.000 unità). Il calo degli occupati riguarda principalmente i più giovani e la popolazione dei 35-49enni (rispettivamente -532.000 e -267.000 unità) mentre continua a contrapporsi la crescita degli occupati con almeno 50 anni (+214.000 unità).



I settori economici sono tutti interessati al calo in atto: prosegue nell’industria in senso stretto la flessione dell’occupazione, con una discesa tendenziale del 2,4% (-111.000 unità), più elevata la contrazione di occupati nelle costruzioni (-12,7%, pari a -230.000 unità) e da ultimo, l’occupazione si riduce anche nel terziario (-1,0%, pari a -154.000 unità).



Identicamente anche l’osservazione dell’occupazione per tipologia contrattuale mostra solo andamenti negativi. Calano gli occupati a tempo pieno (-3,4%, pari a -644.000 unità rispetto al secondo trimestre 2012), che in quasi metà dei casi riguarda i dipendenti a tempo indeterminato. Il lavoro a termine si riduce del -7,2%, pari a -177.000 unità ed anche i collaboratori si riducono del -7,0%, pari a -32.000 unità. Questi ultimi dati, anche se non esclusivamente, riportano gli effetti della riforma Fornero che ha reso maggiormente complicato per le aziende da una parte assumere con contratti a termine o di collaborazione e dall’altra ha inserito elevati tempi di attesa per il rinnovo degli stessi contratti. Anche se sarà certamente interessante vedere gli esiti della commissione del ministero che sta valutando gli effetti della riforma Fornero, i dati sembrano parlare chiaro. 



L’altra faccia della medaglia riguarda la disoccupazione. Il numero dei disoccupati, pari a 3.075.000, è in ulteriore aumento su base tendenziale (13,7%, pari a +370.000 unità). L’incremento, diffuso su tutto il territorio nazionale, interessa in oltre la metà dei casi le persone con almeno 35 anni ed il 55,7% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più. Il tasso di disoccupazione trimestrale è in crescita rispetto allo stesso trimestre del 2012 dell’1,5% e si attesta al 12,0%. Più di un giovane su tre, di età tra i 15 e 24 anni, è disoccupato (il tasso di disoccupazione in questa fascia di età sale al 37,3%, +3,4 punti percentuali), con un picco del 51,0% per le giovani donne del Mezzogiorno. 

La situazione è certamente sempre più difficile e risulta ormai sempre più chiaro che “poco è stato fatto”, nel nostro paese in questi anni di crisi, per avviare politiche di crescita e di sviluppo che potessero ridare slancio all’occupazione. Tra problemi politici o dei politici che poco hanno a che fare con i bisogni delle persone, e riforme fortemente incentrate su tecnicismi di dubbi effetti, siamo arrivati alla situazione odierna. Prevista, come sopra riportato, ed in un certo senso lasciata al suo corso naturale. Ma questo senso di sfiducia e di rassegnazione che spesso si insinua come prevalente non rappresenta l’ultima parola nella vita delle persone del nostro paese. 

Gli esempi sono diversi e sotto gli occhi di tutti. È aumentata esponenzialmente l’iniziativa di adulti e giovani che si aiutano nella ricerca di opportunità lavorative in Italia o all’estero; sono numerose le storie di imprenditori che impegnano le proprie risorse economiche per sostenere le aziende e per ridurre i rischi di perdita di lavoro dei propri dipendenti; sono molte le organizzazioni di servizi per il lavoro e le istituzioni pubbliche che attuano servizi “reali”, informativi e/o operativi a supporto della ricerca di opportunità di lavoro.

È certamente dalle esperienze in atto e dalla situazione di cambiamento strutturale del mercato del lavoro che si possono trarre spunti per ripartire con politiche e interventi che aiutino concretamente a rispondere ai bisogni delle persone. Nella situazione odierna due possono essere i punti di attenzione che, al netto delle necessarie politiche di sviluppo, possono dare maggiore fluidità al mercato. Da una parte ridurre le rigidità normative che rendono maggiormente complicata l’attuazione, dal lato delle aziende, e l’accesso, da parte delle persone, di opportunità lavorative. Dall’altra occorre favorire e sviluppare un sistema di servizi che consenta di aiutare le persone nel loro percorso lavorativo, nella ricerca di opportunità e di creare maggior trasparenza della domanda e dell’offerta riducendo le criticità di mismatch significativamente presenti nel nostro paese.