“Education to employment” è questo il titolo molto chiaro di un recente rapporto del Centro Studi della McKinsey, una delle più importanti società di consulenza a livello globale, che si interroga su come portare o riportare i giovani europei dentro il mercato del lavoro. L’Unione europea , infatti, si caratterizza per il tasso di disoccupazione più alto di qualsiasi parte il mondo a parte il Medio Oriente e il Nord Africa. Un risultato, quindi, sicuramente poco incoraggiante viste le strutturali condizioni di arretratezza dei due competitor.



I dati del 2013 ci dicono, in particolare, che quasi un quarto dei giovani nel mercato del lavoro dell’Ue erano disoccupati. Un dato certamente sorprendente e difficilmente comprensibile per una delle regioni più sviluppate del mondo. Tuttavia colpisce ancor di più la consapevolezza che il tasso di disoccupazione giovanile è stato al 20%, o anche sopra tale livello, per 11 degli ultimi 20 anni. La disoccupazione giovanile è stata, insomma, un’emergenza per molto, forse troppo tempo, latente in Europa. La crisi economica iniziata nel 2008 ne ha fatto, però, una questione scottante.



L’Europa affronta così oggi la reale possibilità di una “generazione perduta”. Una situazione di questo genere, infatti, sembra, con le dovute differenze, ricordare solo quella che attraversò il nostro continente alla fine della Seconda guerra mondiale. In Grecia, a titolo esemplificativo, il tasso di disoccupazione dei giovani è aumentato del 68% nel biennio 2010-2012. Allo stesso modo in Spagna la percentuale di giovani non in istruzione, l’occupazione, o di formazione (i cosiddetti “Neet”) è aumentato del 27% nel biennio 2008-2009 e da tale momento non ha avuto riduzioni significative (anzi si è assistito a un aumento costante sebbene meno marcato). Molti di coloro che, fortunatamente, lavorano lo fanno in modo intermittente, part-time, o in posti di lavoro decisamente poco interessanti. Sempre in Spagna, infatti, dove più della metà dei giovani è disoccupata, un terzo di coloro che lavorano lo sta facendo in posizioni che considera provvisorie, mentre un altro 20% è infelicemente e involontariamente part-time.



Venendo al nostro Paese, la disoccupazione giovanile in Italia è drammaticamente raddoppiata dal 2007, raggiungendo il 40% nel 2013. Tuttavia, questa cifra è solo parzialmente frutto della crisi economica. I problemi sono, infatti, molto più profondi. I datori di lavoro italiani, come ci conferma anche lo studio di McKinsey, sono quelli che segnalano i maggiori problemi, almeno rispetto ai paesi indagati, per quanto riguarda l’occupabilità dei lavoratori. Quasi la metà (il 47%) delle imprese sottolinea come le proprie attività siano messe in difficoltà per l’impossibilità di trovare sul mercato i lavoratori con le competenze da loro richieste.

Le stelle polari dell’educazione, delle competenze e del lavoro sembrano, quindi, indicare la rotta per i prossimi mesi. Ai giovani e coraggiosi capitani della nave Italia spetta ora la sfida di portarla nel porto sicuro della crescita economica.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com