Con la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 aprile 2013, l’Europa ha lanciato, come azione qualificante della strategia di Europa 2020, la cosiddetta “youth guarantee” che si propone di offrire garanzie a quei giovani, in particolare i Neet, esclusi, anche a causa degli effetti della crisi economica, dal mercato del lavoro. La youth guarantee (la “Garanzia per i Giovani”) prevede, quindi, in questa prospettiva, che ognuno dei 28 stati membri assicuri ai giovani, al di sotto dei 25 anni, un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale.



Si enfatizza così, seppur con intensità diversa, la cruciale mission, per il futuro dell’Europa, rappresentata dalla necessità di scommettere su formazione di qualità, in particolare delle giovani generazioni, e su capitale umano competente in grado di supportare le imprese nelle nuove sfide dell’economia globale.



In questo quadro sarebbe legittimo aspettarsi, a partire dal nostro Paese, un significativo investimento nella formazione e nell’aggiornamento professionale cominciando, appunto, da una consistente crescita dell’impegno in questo campo dei diversi player pubblici interessati. L’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, con un interessante rapporto presentato un paio di giorni fa certifica come, al contrario, con specifico riferimento all’offerta formativa regionale del 2012, si sia registrata, ahinoi, una rilevante riduzione dei finanziamenti pubblici (-58,6%) e un ritardo (cronico nel nostro Paese) nell’erogazione dei finanziamenti disponibili (48,2%).



La crisi ha prodotto, quindi, effetti negativi, sottolinea lo studio, che si sono manifestati in tutte le aree del Paese. Se la riduzione dei finanziamenti sembrerebbe avere influito maggiormente nel Nord-Est (77,8%), i ritardi nell’erogazione dei finanziamenti si sono registrati prevalentemente nel mezzogiorno (58,3%). A questo elemento si deve aggiungere un complessivo calo della domanda di formazione da parte di individui e imprese, che ha colpito il 35,9% degli organismi che operano nel settore.

In questo quadro preoccupante, e che rischia anche di compromettere la capacità di tenuta e la competitività, nel medio periodo, delle nostre imprese chiamate (o costrette) a puntare su una sempre maggiore smart crescita e innovazione per la loro sopravvivenza nel mercato globale, c’è da sperare che il (nuovo o vecchio) governo metta tra le sue priorità quel coraggioso motto “education, education, education” pronunciato da un autentico riformista come Tony Blair nel lontano 1996 a conclusione del congresso suo partito, quello laburista, già in quel momento in avanzata fase di “rottamazione”.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com