Le reti sociali online (social media, social networks) sono nate ma sono andate vieppiù strutturandosi come flusso continuo di determinati contenuti di natura deperibile, qual è, tipicamente, l’informazione (nonché la relazione), ovvero un caratteristico consumo immateriale. È da evidenziare, inoltre, anche un continuo effetto di domesticazione sia dei nuovi dispositivi mobili, smartphones e tablets, che dei social media; nel corso dell’adozione, e della diffusione, di ambedue si assiste, pertanto, a un doppio processo di mutuo adattamento tra queste e gli attori sociali in un complesso rapporto tra nuove tecnologie digitali e vita quotidiana. Ciò implica che non solo le nuove tecnologie si trasformino adattandosi al contesto socio-culturale circostante quanto, piuttosto, che le pratiche degli stessi attori sociali si modifichino, a loro volta, in relazione ai vincoli e alle inedite possibilità offerte dalle nuove tecnologie digitali.

La nascita e la crescita di un’industria dei social media si può qui, oramai, dare per consolidata, di fatto accertata la pervasività attuale dei social networks basata su numeri come non mai così esplicativi, come visto nel precedente articolo, tanto che qui si ipotizza che gli utenti (produttori e consumatori allo stesso tempo) in un costante processo di re-invenzione e di negoziazione continua, hanno già fatto proprie le pratiche di utilizzo delle reti sociali online ai fini della ricerca di lavoro, come si vedrà adesso nel contesto statunitense e, in un prossimo articolo, in quello italiano.

I Job Seekers negli Stati Uniti

In questa parte si analizzeranno, dunque, i dati riferibili al reclutamento mediante le reti sociali online desumibili dalla ricerca pubblicata dalla società di consulenza nordamericana Jobvite (2014 Jobvite Job Seeker Nation Study. An authoritative survey of the social, mobile job seeker, mimeographed online, 2014), relativa al 2013. Il testo è stato strutturato in tre parti, nella prima si tratterà del gruppo generale di coloro che sono in cerca di un impiego, e poi, sempre più in maniera specifica (scendendo dunque a livello di sottogruppi) nel secondo si descriveranno i comportamenti dei candidati che effettuano la ricerca di lavoro facendo ricorso ai social networks e, in ultimo, di coloro che si servono di un dispositivo mobile.

1. Job Seeker Nation. Come dato sintetico, di carattere socio-demografico, il campione dei rispondenti è prevalentemente di sesso maschile (60%), dispone di un reddito alquanto elevato, è mediamente istruito, risulta omogeneo per fasce di età centrali. Dallo studio emergono diversi dati di un qualche interesse: innanzitutto la propensione della manodopera statunitense a cambiare lavoro (il 35% lo cambia almeno una volta ogni 5 anni, il 18% lo cambia ogni 6-10 anni e il 47% rimane nella stessa occupazione per più di 10 anni). Sintomo di questa mobilità è che il 51% dei lavoratori occupati è in cerca attiva di un lavoro oppure è disponibile a cambiare occupazione qualora se ne presentasse l’opportunità. In secondo luogo, è da sottolineare non tanto la dichiarazione che il 40% ha trovato il lavoro migliore e/o quello favorito attraverso i contatti personali, evento non proprio infrequente anche in Italia (seppur con percentuali decisamente maggiori), quanto piuttosto che tra gli altri canali, a cui si è fatto ricorso, vi sono, nell’ordine: isocial networks online (21%); i siti contenenti annunci di lavoro, online job board (20%); le inserzioni a modulo, classified ad (19%); i selezionatori (10%); le fiere del lavoro, career fair (7%); i contatti del college/università (7%). Il sostenere, poi, di essere fiduciosi e ottimisti circa il proprio futuro lavorativo è dato indirettamente dal giudizio sulla situazione del mercato del lavoro, previsto in miglioramento nel corso del 2014.

2. The Social Job Seeker. La seconda parte della ricerca è tesa a illustrare le caratteristiche precipue di coloro che fanno ricorso alle reti sociali nella loro ricerca di un impiego (social job seekers). Come dato sintetico, a livello socio-demografico, questo sottogruppo è soprattutto femminile (70%), con un’età inferiore ai 40anni (70%), reddito elevato, mediamente istruito. Vi è una differenza sostanziale tra comportamento dei candidati e quello dei selezionatori, anche se quest’ultimo sarà appositamente analizzato in un prossimo articolo. Le persone in cerca di lavoro propendono per l’utilizzo di Facebook (83%), in quanto esso si è diffuso oramai in maniera pervasiva, piuttosto che di Twitter (40%), di Google+ (37%) o, buon ultimo, di LinkedIn (36%). I selezionatori, invece, quando sono alla ricerca di candidati, preferiscono di gran lunga, com’era pur prevedibile, LinkedIn (94%) e assai meno Facebook (65%), Twitter (55%) e, in maniera residuale, Google+ (18%). Il 76% degli aspiranti a una posizione lavorativa si preoccupa di manutenere/aggiornare il profilo lavorativo su Facebook e di coltivare continui rapporti con i propri contatti; in quest’ottica le tre attività più svolte sono le seguenti: il contatto condivide un’opportunità di lavoro (27%); il contatto fornisce la propria opinione sul posto di lavoro (25%); la condivisione di un’opportunità di lavoro con un contatto (22%). Il 46% dei social job seekers modifica le impostazioni del profilo personale, consapevole che i potenziali selezionatori lo potranno visionare in un qualsiasi momento; sembra essere a conoscenza, difatti, che il 93% dei reclutatori è molto probabile che dia uno sguardo al profilo social dei candidati. Le azioni considerate inappropriate (unfit) su Facebook sono le seguenti: volgarità e oscenità; carenze grammaticali ed errori ortografici. Riguardo, invece, alla percentuale di persone, in cerca di lavoro, che condividono immagini pubbliche su Facebook in cui li si vede bere e brindare queste sono alquanto comuni. Se questa è la situazione, dal lato dell’offerta di lavoro vi è da dire che i selezionatori asseriscono di reagire negativamente soprattutto alle oscenità e volgarità (65%) e agli errori di grammatica e di punteggiatura (61%), piuttosto che ai riferimenti al consumo di sostanze alcoliche (47%).

3. The Mobile Job Seeker. La terza parte dello studio ha l’obiettivo di descrivere i comportamenti rilevanti di coloro che cercano un lavoro mediante i dispositivi mobili (mobile job seeker). Come dato sintetico, sempre di carattere socio-demografico, questo sottogruppo risulta essere in prevalenza maschile (60%), giovanile, con poco reddito a disposizione, diplomato o frequentante i primi anni universitari. In questo sottogruppo rientrano, con valori superiori alla media, coloro che cambiano lavoro molto facilmente e che hanno contattato un’impresa mediante un dispositivo mobile: il 64% cambia lavoro tra 1-5 anni. Le attività, ritenute essenziali, che un dispositivo mobile dovrebbe sempre assicurare, ai fini dell’attività di ricerca di lavoro, sono le seguenti: la possibilità di vedere in rete i posti vacanti oppure di visionare una semplice lista, senza necessariamente doversi registrarsi al sito (55%); la possibilità di fare domanda per un posto da un dispositivo mobile (27%); l’ottimizzazione dei siti per la navigazione mobile (23%); la possibilità di poter utilizzare il profilo LinkedIn o un curriculum digitale per fare domanda a un posto di lavoro (11%). I giovani lavoratori abbondano in questo sottogruppo. È più probabile, infine, che facciano ricorso a Facebook piuttosto che a LinkedIn nella ricerca di un lavoro. La percentuale di coloro che hanno aggiornato il profilo personale con informazioni professionali lo hanno fatto su: Facebook (15%); Twitter (11%); LinkedIn (6%). Mentre coloro che hanno cercato un lavoro hanno utilizzato perlopiù: Facebook (12%); LinkedIn (7%); Twitter (5%).

In conclusione, dall’analisi di questi dati, si è visto come nel Paese leader delle tecnologie digitali si è prima sviluppata e oramai consolidata un’industria non solo dei social media quanto di quella del reclutamento in rete, sempre più alimentata da continue innovazioni delle reti sociali online, dei dispositivi mobili, delle applicazioni, ecc.. In tal senso gli utenti, produttori e consumatori di contenuti allo stesso tempo, mostrano di aver già ben interiorizzato i meccanismi e le novità apportate da nuove modalità di ricerca di lavoro, basate su tutti questi canali/mezzi; modalità innovative che sono, tuttavia, ancora legate a variabili socio-demografiche non indifferenti, quali la giovane età, i livelli di istruzione e un reddito alquanto elevato (fanno eccezione i mobile job seekers). Resta adesso da mettere a fuoco la realtà italiana, come si vedrà in un prossimo articolo di approfondimento.

 

(3- continua)