Dopo aver visto quella degli Stati Uniti, per descrivere la situazione dei Job Seekers in Italia si farà uso dell’indagine della multinazionale svizzera Adecco (Il lavoro ai tempi del #socialrecruiting e della #digitalreputation, infografica, 2013), giunta alla seconda rilevazione. A livello metodologico, le principali caratteristiche socio-demografiche degli intervistati restituiscono un quadro in cui il 52% è di sesso femminile mentre le classi di età sono le seguenti: 18-25 anni (21%); 26-35 anni (36%); 36-45 anni (25%); 46-55 anni (15%); + 55 anni (3%). La circoscrizione geografica evidenzia una maggioranza di abitanti nel Settentrione (54%), quasi un terzo nel Meridione (27%) e il rimanente nell’Italia centrale (19%). Per quel che riguarda la situazione occupazionale, il 32% è occupato mentre il 68% è in cerca di lavoro.

Il testo è stato strutturato tenendo conto delle tematiche più rilevanti inerenti la fruizione delle reti sociali online, al fine di fornire un quadro il più esaustivo possibile, almeno quello desumibile dai dati disponibili. Si passeranno brevemente in rassegna, pertanto, le modalità di utilizzo degli stessi, delle motivazioni addotte per la loro fruizione e, infine, della loro utilità ed efficacia.

1. Utilizzo dei canali online. Alla domanda del questionario, a risposta multipla “Utilizzi almeno un canale online?” le percentuali non lasciano dubbi sul fatto che questi vengano usati in maniera praticamente pervasiva dai candidati: ben il 99%. Alla domanda se poi essi vengano, altresì, utilizzati per la ricerca di lavoro si ottiene un dato del 53% e specificando quali di questi, il primo posto lo occupa Facebook (30%) seguito da LinkedIn (26%); risultato questo assai significativo anche in ragione del fatto che il 61% del campione si trova nella fascia di età 26-45 anni, probabilmente quella già occupata (o almeno con qualche esperienza lavorativa), perciò pienamente consapevole delle caratteristiche distintive di LinkedIn, quale network professionale. Gli omologhi, ma più recenti, Viadeo e Xing ottengono valori minimali essendo poco conosciuti e ancor meno utilizzati, solo dal 3% e 2%, rispettivamente. In posizione marginale si trova anche Twitter (5%), mentre con valori poco più elevati i Blog (9%) e YouTube (6%). Altri canali quali Klout (2%) e Kred (1%) non sono quasi per nulla presi in considerazione anche perché Klout e Kred offrono delle analisi statistiche personalizzate stimando l’influenza social degli utenti attraverso degli algoritmi.

Il dato che richiama l’attenzione non è, comunque, quello delle reti sociali online, quanto piuttosto un canale che oggigiorno si può dare per consolidato quando solo dieci anni fa non lo era affatto; il ricorso ai siti lavoro fa registrare, difatti, il valore più elevato (94%). Segue l’utilizzo delle applicazioni, App (39%), con una percentuale superiore a quella fatta registrare da Facebook e da LinkedIn; certo qui il discorso sarebbe da approfondire maggiormente in un prossimo futuro, su quali siano queste applicazioni, ma, nondimeno, si tratta di un vero e proprio elemento di novità.

2. Motivi di utilizzo dei canali online. L’aspetto di maggior rilevanza, desumibile dalle motivazioni fornite dai candidati, è quello strumentale legato all’individuazione dei posti vacanti nonché alla correlata raccolta di informazioni su di essi: il trovare più offerte di lavoro (44%), l’individuare quelle più interessanti (3%) e il rintracciare informazioni prima di spedire il curriculum (13%). In un contesto economico così scarno di posizioni lavorative create dal sistema produttivo, qual è quello italiano, vi sono poi azioni che implicano già un’idea forte di pro-attività, quali quelle di dar visibilità al proprio curriculum (38%); si ritiene essere proprio questo genere di attività lo snodo centrale per qualsiasi azione prossima ventura di candidate marketing, già ampiamente affermatasi nella realtà statunitense. Rimane tuttora, invece, seppur molto sullo sfondo, la consapevolezza che costruire una rete di relazioni professionali (16%) e lo scambiare opinioni in ambito professionale (10%), attività primariamente legate all’utilizzo di LinkedIn, possano essere davvero proficue in chi, dopo aver finito gli studi, ha necessità di capitalizzare gli investimenti fatti sino ad allora, sia in termini di tempo che di risorse economiche. Monitorare la propria reputazione online (6%) è, infine, qualcosa di ancora futuristico in Italia, ma è un dato sicuramente interessante, nonché foriero di pratiche innovative, nel prossimo futuro.

3. Utilità dei social media. Al quesito “Quanto ritieni utili i canali online per l’incontro tra domanda ed offerta?” i candidati, rispondendo in maniera affermativa, hanno indicato, in ordine di gradimento: siti lavoro (70%); LinkedIn (29%); Facebook (20%); App (15%); Blog (9%); Twitter (8%); YouTube (7%); Viadeo (4%); Xing (3%). Così come visto in precedenza, appare consolidato il ruolo dei siti di ricerca lavoro, mentre tutti gli altri fanno registrare dei valori non elevati; tra i social media il più utile sembra essere LinkedIn, seppur di poco rispetto a Facebook, mentre seguono a distanza tutti gli altri. I rispondenti non sembrano, infine, essere in grado di fornire un giudizio sui seguenti canali/mezzi: Xing (42%); Viadeo (40%); Blog (35%); App (28%); YouTube (25%); Twitter (25%); LinkedIn (23%); Facebook (8%); siti lavoro (4%).

4. Efficacia dei canali online. Alla domanda “I social networks hanno reso più facile la tua ricerca?” la risposta affermativa è stata del 25%, mentre alla successiva “Conosci qualcuno che abbia trovato lavoro solo grazie ai social networks?” essa è stata molto bassa (7%). Vi è, quindi, una situazione in cui l’offerta di lavoro non riesce a vedere un’effettiva efficacia di questi canali innovativi. All’interrogativo “Quanto è efficace l’uso dei social networks in base alla tua esperienza?” sono state proposte alcune tipiche azioni che si compiono quando si è alla ricerca di un impiego ottenendo questi responsi: “ho inviato la candidatura” (30%, nel 2012 il 38%); “sono stato contattato” (8%, nel 2012 il 35%); “ho trovato lavoro utilizzando solo i social networks” (2%, nel 2012 il 5%). Da questi pareri sembra desumersi, in modo palese, che i candidati abbiano forse perso molte delle poche speranze nutrite nel recente passato riguardo ai social media, in quanto i valori relativi al 2013 sono sempre più bassi di quelli dell’anno precedente: l’invio di candidature fa addirittura registrare un decremento di quasi 10 punti percentuali tanto da far ipotizzare un’offerta sempre più scoraggiata nell’approcciare i pochi posti di lavoro vacanti messi a disposizione delle aziende. È da evidenziare, inoltre, anche la drastica riduzione dei contatti ricevuti dopo aver inviato il proprio curriculum, cosa che non può non riflettersi sul dato finale, vale a dire che solo il 2% dichiara di aver trovato lavoro grazie alle reti sociali online. È chiaro, comunque, che questo dato dovrebbe essere oggetto di ulteriore approfondimenti, così come sarebbe da chiedersi quanta parte di questi risultati siano stati influenzati da una domanda di lavoro molto rarefatta (una debolissima richiesta di assunzioni nel corso degli ultimi anni) dovuta al perdurare della crisi economica.

Dalla lettura di questi dati si evince facilmente come la distanza tra gli Stati Uniti (in generale il mondo anglo-sassone) e l’Italia sia ancora abbastanza ampia, ma va altresì detto che, seppur con piccoli passi, ci si sta muovendo, comunque, in quella direzione.

In Italia predominano tuttora, in maniera preponderante, le reti amicali e parentali come sin troppi studi hanno sin qui messo in luce e l’evidenza empirica di ognuno lo conferma ogni giorno. Sembra, pertanto, che i candidati non riescano ancora a intravedere, sino in fondo, le possibilità e il ruolo giocato da queste reti sociali online e ciò può essere dovuto sia ai ritardi culturali nella fruizione, sia ai limiti intrinseci degli stessi social mediama forse anche alle peculiarità del mercato del lavoro nazionale connotato da diverse, ben note, segmentazioni (dimensione strutturale delle imprese, specializzazione settoriale, mismatch occupazionale, differenze territoriali).

Vi sono, pertanto, forti segmentazioni nel mercato del lavoro, una debolezza strutturale del sistema produttivo nazionale nel creare nuovi posti di lavoro, soprattutto impieghi a elevata qualificazione. Tutto ciò sembra spiegare assai bene il perché vi sia una minore consuetudine dei candidati italiani non tanto all’utilizzo dei social media per uso personale e generalista, quanto al loro ricorso nella ricerca di lavoro; da questo punto di vista non è solo Facebook a far registrare dei valori minori di quelli che ci si sarebbe potuti aspettare, ma soprattutto LinkedIn, una rete sociale online specificamente dedicata all’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Si è diffuso ampiamente, invece, in questi ultimi anni, il ricorso ai siti online per cercare di individuare le poche occasioni lavorative che il mercato del lavoro nostrano offre a tantissimi giovani, coloro che sono maggiormente in cerca di lavoro, stante anche la poca mobilità di chi un lavoro già ce l’ha. Le applicazioni in mobilità potrebbero, però, movimentare questa situazione, negli anni a venire, e l’attuale ritardo culturale potrebbe essere ancor più velocemente colmato dalla consapevolezza, che sembra essere attualmente a livelli embrionali, che i datori di lavoro, nonché i selezionatori, faranno ricorso sempre più ai social media non solo per individuare il bacino dei candidabili, ma soprattutto per verificare/arricchire le informazioni di cui già dispongono, come si cercherà di approfondire meglio in un prossimo articolo.

 

(4- continua)