Li chiamano “super tecnici”, cioè specialisti che preferiscono seguire un corso di formazione superiore post-diploma. Dunque, dopo la maturità un giovane non si trova di fronte a due sole strade: la scelta universitaria oppure direttamente il mondo del lavoro. Può ulteriormente specializzarsi in due modi. Il primo è il percorso biennale non-universitario proposto dagli Istituti tecnico-superiori (Its); il secondo è annuale, su materie specifiche, di Istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts).



In questo momento di forte indecisione, da parte di molti giovani rispetto al loro futuro, due validi opportunità dunque. Ricordo che questi corsi, con diploma finale, corrispondono al V livello Eqf, sono a numero chiuso (24), su percorsi programmati dalle Regioni, gestiti in modo autonomo (i profili didattici sono costruiti dai Comitati Scientifici, formati da esperti aziendali, docenti universitari e delle superiori), con una rappresentanza non solo delle scuole superiori e dell’università, ma soprattutto del mondo del lavoro. Un ottimo sostegno, come si comprende, specie al mondo delle piccole e medie aziende.



Per gli Its, tanto per capire la ricchezza della proposta, ricordo che in Italia ne sono nati 62. In Veneto in prima battuta ne sono stati autorizzati sei, uno per ogni settore: meccatronico (Vicenza), logistico (Verona), agroalimentare (Conegliano), dell’efficienza energetica (Padova), Sistema moda (Padova), Turistico (Jesolo).

Ad arricchire i sei Its già attivi, sono stati autorizzati altri percorsi: anche a Padova e a Treviso (meccatronica), a Vicenza (sistema moda, lavorazione orafa), a Verona (efficienza energetica), a Venezia (logistica, mobilità sostenibile), a Bardolino (agroalimentare-vitivinicolo), ancora a Bardolino (turistico). Doppi e terzi corsi, dunque, oltre a quelli già in corso. Segno dell’ottima accoglienza, oltre che della grande richiesta di competenze specialistiche. Una mano concreta, si diceva, ai giovani, e al nostro tessuto socio-economico.



Del resto, lo sappiamo, i giovani cercano lavoro, ma non lo trovano. Ma lo cercano anche le aziende, nel senso di lavoratori con determinate competenze. E non sempre ce ne sono. Lo scorso anno Unioncamere ha certificato più di 100.000 posti di lavoro “di difficile o impossibile reperimento”. Questo perché sono mancati, sinora, percorsi di alta formazione tecnica, più avanzati degli Istituti tecnici e professionali, e meno teorici delle lauree universitarie. Oltre agli Its, dicevo, i nostri giovani (dai 20 ai 29 anni) possono seguire anche i percorsi Ifts, questa volta annuali.

È appena uscita, firmata dall’Isfol, un’indagine sui risultati dei percorsi Ifts. Tra coloro che hanno portato a termine questo percorso, per il 2012-2013, l’occupabilità ha toccato il 57,3%. Non solo, il 45,6% ha colto l’occasione per cambiare lavoro o per migliorare la propria professionalità. Quasi il 20% dei corsisti ha poi proseguito con un altro percorso formativo. Ottima cosa, dunque. Con un tasso di successo di queste iniziative che arriva al 75%. Com’è la composizione dei corsisti? Per il 63% uomini e il 37% donne, dalle 800 alle 1000 ore per corso (massimo due semestri), di cui il 30% in stage aziendale. Il 26% dei corsisti già durante lo stage riceve una proposta concreta di lavoro.

Il percorso biennale proposto dagli Its, come quello annuale degli Ifts, si basa sulla alternanza tra teoria e lavoro in azienda, su programmi concordati con le stesse aziende, con le scuole tecniche e con l’università. Tecnici super, quindi, che si allenano alle tecnologie di ultima generazione, ma con una prospettiva reale in termini occupazionali.