La legge 92 del 2012 (la cosiddetta “Riforma Fornero”) si proponeva di attivare una serie di misure e interventi necessari a realizzare un mercato del lavoro maggiormente inclusivo e dinamico in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, e, quindi, alla crescita sociale ed economica del Paese. Si puntava così alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione valorizzando, tra le altre cose, l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.



Un recente rapporto dell’Isfol pubblicato la scorsa settimana sottolinea tuttavia come continuino a diminuire i contratti di lavoro in apprendistato: dai 492.490 nel 2011 siamo, infatti, passati ai 469.855 del 2012. Questi numeri tradotti in percentuale ci descrivono un calo di poco più del 4,5%. La contrazione maggiore si registra, in questo contesto, nell’Italia centrale dove c’è un dato negativo che sfiora il 6%. In calo, più complessivamente, le nuove assunzioni: -5,4% nel 2012 rispetto al -2,4% del 2011. E se diminuiscono quindi nel 2012 (sebbene in maniera non significativa) gli apprendisti nel complesso dei giovani occupati – ci si ferma al 13,9% a fronte del 14,1% del 2011 – si assiste, altresì, a un drastico crollo (-41%) tra gli under 18.



Il trend negativo descritto nel rapporto si inserisce, tuttavia, in un quadro complessivo di crisi economica e sociale che nel periodo che va dal 2008 al 2012 ha “bruciato” ben 175mila rapporti di lavoro in apprendistato. Per quanto riguarda gli esiti del percorso di apprendistato, la quota di apprendisti “stabilizzati” a tempo indeterminato è nel 2012 pari a poco più di 161mila unità (poco oltre il 10% in meno rispetto all’anno precedente).

Il rapporto sottolinea, inoltre, come in una situazione generale che si presenta estremamente difficile sotto il profilo economico e sociale l’apprendistato abbia ridotto la sua connotazione di strumento “volatile” di passaggio per giovani che entrano nel mercato del lavoro verso un altro strumento contrattuale maggiormente “stabile”.



Isfol analizza, quindi, il sistema di formazione pubblica dell’apprendistato sul quale, ahimè, l’entrata in vigore del Testo Unico del 2011 non sembra abbia influito significativamente. Il volume degli interventi formativi erogati dalle Regioni, infatti, è calato (ben -6,5% nel 2012) e la quota di giovani inseriti in questi percorsi formativi pubblici è diminuita dell’1,4%, attestandosi al 31%.

Il decreto Poletti, almeno nella sua prima formulazione, sembrava aver preso atto di questa evidenza e aveva semplificato notevolmente gli adempimenti legati alla formazione per le imprese che volessero attivare contratti di apprendistato (specialmente quello professionalizzante). Nei prossimi giorni il Jobs Act arriverà al Senato, la speranza è che in questa sede, sebbene i tempi siano estremamente stretti, vi sia la possibilità di una riflessione serena e scevra da pregiudizi ideologici per apportare quei correttivi e quelle migliorie che l’attuale formulazione sembra necessitare.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com