Il Rapporto annuale dell’Istat pubblicato ieri dipana la sua analisi da un dato evidente: il mercato del lavoro dell’Unione europea è stato fortemente colpito dalla crisi economica. Dal 2008 al 2013 il numero degli occupati si è, infatti, ridotto di poco meno di 6 milioni (-2,6%) nell’Europa a 28. Un dato, questo, che è frutto di un trend discendente, ahimè, quasi ininterrotto, se si esclude la timida ripresa del 2011. Un risultato ancor più negativo si osserva se l’analisi si limita ai 18 paesi dell’area euro, dove si è registrato un calo del numero di occupati del 3,5% nei cinque anni considerati. Il tasso di occupazione tra 15 e 64 anni è, quindi, diminuito nel quinquennio di 1,6 punti percentuali, attestandosi, per l’Europa a 28, al 64,1% e nell’area euro al 63,5%, con un calo di 2,4 punti.
Questi risultati, tuttavia, sono il frutto di andamenti anche molto diversi tra gli stati membri. Le maggiori perdite di occupazione si registrano, ovviamente, nell’Europa meridionale. In Italia, Spagna, Grecia e Portogallo si sono persi nel quinquennio 6 milioni 122 mila occupati, con un calo percentuale dell’11,5%: un valore ben quattro volte superiore alla media europea. In questi stessi paesi, e in Croazia e in Irlanda, si osservano anche le riduzioni più rilevanti del tasso di occupazione.
In particolare, in Italia l’occupazione è, nel 2013, di 984 mila unità inferiore rispetto al 2008, facendo registrare una flessione pari al 4,2%. Il calo è stato maggiore nel 2012 (-478 mila occupati), accelerando la dinamica negativa osservata dopo il leggero incremento di occupazione registrato nel 2011. È, tuttavia, opportuno segnalare come tale fenomeno sia prevalentemente maschile. Il tasso di occupazione scende, quindi, al 55,6% nel 2013, dal 58,7% del 2008. Nelle regioni del Mezzogiorno, in seguito al calo di ben 583 mila occupati registrato nel quinquennio della crisi (-9,0%), il tasso di occupazione scende al 42,0%, a fronte del 64,2% delle regioni settentrionali e del 59,9% di quelle del Centro. Il nostro istituto di statistica sottolinea, inoltre, come il calo dell’occupazione nelle regioni del Sud sia iniziato prima, e sia stato più intenso durante tutto il periodo della crisi.
I dati ci dicono, più complessivamente, che sono stati i giovani i più colpiti dalla crisi in quasi tutti i paesi europei. Tra il 2008 e il 2013 nella media Ue-28 il tasso di occupazione dei giovani di 15-34 anni si è ridotto di 4,3 punti, attestandosi al 54,5%: un valore che, in ogni caso, rimane al di sopra di quello italiano. Tra i 15-34enni sono particolarmente forti le riduzioni in Spagna e Grecia (rispettivamente -17,4 e -16,8 punti), a fronte dell’incremento, sebbene non estremamente rilevante, osservato in Germania e Malta (rispettivamente +2,5 e +2,1 punti percentuali).
Nel complesso del periodo 2008-2013 il tasso di occupazione tra i 15 e i 34 anni è calato in Italia di 10,2 punti percentuali attestandosi al 40,2%. Tale contrazione ha costituito in Italia una costante per tutti gli anni della crisi ed è stata particolarmente accentuata nei due anni di maggior calo occupazionale: il 2009 e il 2013. Il tasso di occupazione è, in particolare, più basso per le donne e nel Mezzogiorno, dove la quota di occupati di 15-34 anni è pari al 27,6%, in calo di 8,2 punti percentuali. La progressiva riduzione dell’occupazione giovanile rispecchia, quindi, le crescenti difficoltà che incontrano i più giovani nel trovare e mantenere un impiego. Anche il tasso di occupazione dei 35-49enni è, infatti, diminuito di 3,9 punti (scendendo al 72,2%), mentre tra i 50-64enni è cresciuto di 5,3 punti (arrivando al 52,6%).
In questo quadro è poi interessante segnalare come al minore svantaggio relativo dei laureati si associ, tuttavia, sempre più, il fenomeno della sovraistruzione, ovvero la condizione di accettare lavori meno qualificati rispetto al proprio titolo di studio. Avere un livello di istruzione più elevato di quello richiesto per l’attività svolta è, infatti, una condizione sempre più diffusa e in crescita, anche nel nostro Paese che è, ahimè, nell’Unione europea quello che presenta una delle più basse percentuali di laureati. Nel nostro Paese, infatti, solo il 16,3% della popolazione di età 25-64 anni è laureata contro il 28,4% della media dell’Europa a 28 e, nonostante ciò, nello stesso tempo, si manifesta un’alta incidenza di sovraistruzione. Un fenomeno, questo, che in Italia coinvolge ben 4,8 milioni di persone ed è particolarmente significativo tra le donne e i giovani (34,2%).
Da questi dati, insomma, dovrebbe partire l’azione dei nostri parlamentari europei appena eletti e della nuova Commissione che verrà, plausibilmente, definita nelle prossime settimane. Tali sfide si spera che siano anche al centro del semestre di presidenza italiano e delle proposte del nostro giovane premier Matteo Renzi. Il rischio, infatti, è che, senza il rilancio dell’economia e del lavoro, il sogno europeo rappresenti, per un sempre maggior numero di persone, specialmente quelle più colpite dalla crisi di questi anni, un vero e proprio incubo.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com