La Cisl ha presentato nei giorni scorsi l’undicesimo rapporto nazionale sull’industria, il mercato del lavoro e la contrattazione. I dati presentati sono preoccupanti. Il focus sul mercato del lavoro indica che la cassa integrazione (Cig) ordinaria e straordinaria è in crescita anche quest’anno. La combinazione di Cig e mobilità sempre più indica che questi ammortizzatori sociali sostengono il reddito di persone che difficilmente recupereranno il loro posto di lavoro.



Facendo un conto di posti di lavoro equivalenti, si arriva a prevedere che a fine 2014 oltre 150 mila saranno soppressi con un ulteriore incremento della disoccupazione complessiva. Oltre il 50% di questi posti di lavoro riguarda occupati nel Mezzogiorno con un conseguente peggioramento della crisi economica del sud e un aumento delle difficoltà per la ripresa dell’occupazione giovanile.



I settori coinvolti maggiormente nella caduta occupazionale sono quelli dell’edilizia e del manifatturiero. La conseguenza è un’ulteriore diminuzione della capacità del sistema economico complessivo di reagire alla crisi sia con recupero del valore aggiunto e del Pil complessivo, sia con creazione di nuovi sbocchi occupazionali. Il documento precisa infatti, in linea con le elaborazioni di Banca d’Italia e Bce, che non sono le interviste sulle aspettative che possono illuderci su un’imminente ripresa, visto che i dati strutturali della nostra economia indicano una permanente recessione.



Troppo spesso commentatori anche autorevoli partono da un dato positivo per trarne giudizi rosei sui prossimi anni. Sostenere i fatti positivi in corso, la crescita dell’export e delle reti d’impresa, per esempio, è indispensabile. Ma ciò non può farci perdere di vista i fondamentali dell’economia. Se calano da anni consumi e investimenti non potremo avere un risultato finale positivo in termini di crescita occupazionale o economica. Se l’andamento dei prezzi è fra 0% e 1% non possiamo che dedurne una domanda complessiva che indica deflazione e non crescita del Pil.

Applicare all’economia reale le favole della finanziarizzazione fa perdere di vista gli obiettivi concreti da cui dobbiamo partire per non avere risvegli che diventano incubi. Ecco quindi che il documento Cisl ci riporta con i piedi per terra e già questo è un gran merito in questo periodo di eccesso di sogni presentati come previsioni economiche.

Alla parte di analisi e previsioni seguono poi proposte per interventi complessivi. Come sempre i documenti sindacali soffrono in questo periodo della necessità di compiere un’evoluzione rispetto alla tradizionale fase concertativa, prendendo atto che non si potrà tornare a tavoli nazionali, ma occorre supportare un disegno complessivo con una nuova fase di contrattazione locale di secondo livello. In questo senso il documento del sindacato indica alcuni principi essenziali indicando i valori di responsabilità e coesione, partecipazione produttività e rafforzamento della bilateralità.

È importante che in questa fase difficile vengano indicati tali valori di fondo. Indicano una comprensione della fase che stiamo attraversando in cui ognuno deve essere in grado di portare un proprio originale contributo che tenga conto di tutti i fattori in campo. Non disgiungere l’esigenza di rispondere alle tensioni occupazionali separandole dall’obiettivo di una ripresa di produttività è essenziale per aprire una fase di piattaforme contrattuali innovative. L’assunzione di responsabilità indicata dalla bilateralità apre a una ripresa della presenza sindacale non solo rivendicativa, ma capace di contribuire a creare nuove servizi al lavoro e un nuovo welfare di territorio.

Non mancano poi proposte più generali sulle politiche europee che richiedono l’abbandono di scelte che oggi contribuiscono ad accentuare la recessione, mentre è indispensabile pensare a una politica economica che promuova sviluppo. Per questo però si indicano anche i ritardi nelle riforme che pesano sulla credibilità del nostro Paese. In riferimento al mercato del lavoro, il documento auspica che il Jobs Act miri a semplificare la legislazione, sostenendo contratti chiari e punendo forme contrattuali spurie e precarizzanti. Si indica come essenziale non inseguire singole misure che mutano ogni sei mesi ma sostenere contratti stabili, vedi apprendistato, e assicurare una rinnovata rete di tutele capace di abbracciare tutti i lavoratori coinvolti. In questo senso si propone un’agenzia nazionale per il lavoro in grado di assicurare omogeneità e coordinamento dei servizi pubblici e privati pur nel rispetto della riorganizzazione dei livelli istituzionali dovuti alla revisione del titolo quinto.

In conclusione voglio però richiamare un’altra indagine. Gli artigiani milanesi hanno avuto nel corso degli ultimi 12 mesi un incremento occupazionale. Vi è un 5% in più di occupati rispetto al 2013 con ben il 52% di contratti a tempo indeterminato. Voglio però sottolineare che ben l’8% è costituito da contratti di apprendistato sostenuti da un apparato di formazione (quello lombardo) che è il più simile al sistema duale. Può essere un esempio positivo da estendere anche al resto del Paese?