Era il 1985, ormai quasi 30 anni fa, quando i Righeira ci ricordavano, vincendo il Festivalbar, come l’estate stesse finendo e un anno se ne stesse andando. I giovani, insomma, di quei fantastici anni ‘80 stavano diventando grandi e, ovviamente, questo proprio non gli andava giù. Le estati di ieri e di oggi sono, tuttavia, molto diverse non solo dal punto di vista musicale. Al posto delle estati della Milano da bere i giovani del terzo millennio sono chiamati a vivere la stagione della crisi economica globale e, probabilmente, si rispecchiano di più nell’esperienza di quei ragazzi, nati ai bordi di periferia, per i quali era più facile sognare che guardare in faccia la realtà, raccontata, sempre in quei fantastici ‘80, da Eros Ramazzotti.
I dati di una ricerca Eurofund, l’agenzia europea che si occupa di promuovere le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, presentati solo alcune settimane in un interessante rapporto sulla transizione tra scuola e lavoro in Europa e, più generale, alla vita adulta ci dicono, infatti, che sebbene il tasso di disoccupazione giovanile sia cominciato a calare in alcuni Stati membri, a gennaio 2014 il 23% dei giovani europei in cerca di lavoro tra i 15 e i 24 anni non era ancora riuscito a trovare un lavoro. Sempre lo stesso studio ci evidenzia come, con riferimento al 2012, gli stessi giovani europei che non studiavano, non lavoravano né seguivano corsi di formazione (Neet) erano ben 14,6 milioni, una quota pari al 15,9% della popolazione nella fascia d’età 15-29 anni.
L’Europa ci ricorda, inoltre (se mai se ce ne fosse bisogno), a tal proposito come i paesi nei quali il passaggio scuola-lavoro è più rapido ed efficace sono anche quelli in cui i giovani escono prima di casa, individuando anche le caratteristiche precipue dei diversi modelli. Se a un’estremità vi sono i modelli “nordico” e quello dell’“apprendistato” (Austria e Germania in particolare), che sono caratterizzati da un passaggio più rapido dalla scuola al lavoro e, quindi, alla vita adulta, dall’altra parte della barricata si trovano i paesi dell’“Europa orientale” del “Mediterraneo” (come l’Italia), nei quali assistiamo a un passaggio più difficile e problematico dalla scuola al lavoro. Una difficoltà che si associa, in molti casi, a una conquista molto lenta e tardiva dell’indipendenza e dell’autonomia.
In generale, si può quindi affermare che i paesi che presentano una maggiore integrazione tra la scuola e il lavoro, attraverso strumenti quali l’apprendistato o grazie a una combinazione efficace dell’istruzione con le prime esperienze lavorative da parte dei giovani, si contraddistinguono per un passaggio complessivamente più rapido e lineare al mondo del lavoro. L’Italia, ahimè, non fa parte di queste “buone pratiche”.
In questo quadro si pone la grande opportunità legata all’implementazione dell’ambizioso progetto comunitario della Youth Guarantee che si propone di aiutare i giovani del 2014, specialmente i più deboli, a entrare attivamente nel mercato del lavoro e, quindi, nella vita adulta con meno paura e, c’è da sperare, più consapevolezza di quelli di tante estati fa.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com