L’Istat ha diffuso ieri le previsioni sulle prospettive dell’economia italiana per il triennio 2015-2017. Molti dei dati contenuti si basano sulle ipotesi contenute nel disegno di legge di stabilità per il 2016. Sono perciò importanti, perché descrivono l’orizzonte a breve, entro cui sono state decise le misure della Legge di stabilità e sono anche conferma o smentita per le opzioni politiche che sottendono tali scelte.
Il 2015 ha – dopo anni di decrescita – invertito la tendenza del Prodotto interno lordo. La previsione è di una crescita dello 0,9% per fine anno in termini reali. Per gli anni successivi, le previsioni indicano un +1,4% nel 2016 che troverà conferma anche nel 2017. Il sostegno a questa crescita viene soprattutto dalla domanda interna di consumi e investimenti. La tendenza alla contrazione della domanda internazionale è in atto e proseguirà nei prossimi anni: il suo contributo alla crescita italiana risulta nullo per l’anno in corso e si prevede allo 0,1% nei due anni successivi.
La scelta della Legge di stabilità di sostenere consumi e investimenti trova conferma nelle previsioni Istat. La spesa delle famiglie contribuirà alla crescita di quest’anno con un aumento dello 0,8% e salirà nel il 2016 dell’1,4% e poi dell’1,1% nel 2017. Per quanto riguarda gli investimenti, dopo un incremento dell’1,1% stimato per l’anno in corso, si prevede per il 2016 un +2,6% e un +3,0% per il 2017. Il rafforzamento delle aspettative nelle attività produttive, che è in corso, e il sostegno che le imprese avranno dalle misure di politica fiscale, oltre a un atteso miglioramento dei canali di accesso al credito, determinano stime positive come non comparivano da ormai 5 anni.
Pesano sicuramente sulle previsioni fatte le ipotesi di crescita internazionale entro cui agisce il nostro sistema economico. La capacità di ripresa delle economie dei grandi paesi “in via di sviluppo” sarà determinante. Dovesse accadere che nei prossimi anni vi sia un’ulteriore contrazione del commercio internazionale, la capacità di sostenere i comparti industriali innovativi e la vocazione all’export di gran parte delle nostre produzioni, non solo industriali, sarà determinante per attenuare gli effetti complessivi sulla nostra economia.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, le previsioni confermano quanto già visto dai dati degli ultimi mesi. Indipendentemente dagli andamenti stagionali registrati nei dati trimestrali, l’occupazione complessiva torna ad avere un tasso di crescita positivo. Per l’anno in corso è prevista una crescita dello 0,6% degli occupati, nel 2016 sarà dello 0,9% e poi l’anno successivo dello 0,7%. Il tasso di disoccupazione continuerà nella discesa. Si prevede sia del 12,1% a fine 2015 per arrivare all’11,3% a fine 2017. Le previsioni sono fatte nell’ipotesi di comportamenti complessivi senza cambiamenti, quindi non prendono in considerazione mutamenti strutturali negli inattivi e sul tasso di attività della popolazione.
Il dato ci conferma perciò che una ripresa della domanda di lavoro è da considerarsi stabile, anche se ancora debole. Per riassorbire la disoccupazione esistente serviranno almeno 10 anni se non si produrrà una crescita più accentuata nel Pil e nella domanda di beni e servizi. Determinante per una ripresa complessiva sarà la capacità a livello europeo di imprimere una accelerazione agli investimenti. Processi di innovazione sociale e nella Pubblica amministrazione, realizzazione delle reti di comunicazione fisica e soprattutto nella trasmissione dati possono essere determinanti per una fase di crescita economica che inneschi un’accelerazione alla creazione di nuovi posti di lavoro.
La scelta proposta nella legge di stabilità va nel senso auspicato dalle previsioni Istat. Dovendo scegliere su come sostenere la domanda si è operato sia sul lato dei consumi che su quello degli investimenti. Essenziale è il messaggio di fiducia che si è cercato di mantenere rivolto al maggior numero di attori possibili, famiglie e imprese. La valutazione sul mix ottenuto e se avrà l’efficacia richiesta per sostenere consumi e investimenti sarà possibile farla solo ex post. Il coraggio però di scegliere di sostenere una fiducia diffusa è stato fondamentale per disegnare la manovra nel suo complesso. Tali misure saranno però tanto più incisive quanto sarà incisivo il processo di riforme strutturali che lo affiancheranno.
La fiducia data chiede una maggiore possibilità di essere esercitata togliendo lacci e lacciuoli burocratici che frenano le nostre imprese. Vi è un’ampia disponibilità nella società ad assumersi nuove responsabilità: a ciò deve corrispondere uno Stato che aiuti i diritti dei cittadini a operare, non uno Stato che si presenta ancora come vincolo o come gabelliere.