La cosiddetta “Strategia Europa 2020”, adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2010, mira a promuovere, per il nostro continente, un modello di crescita in grado di essere, allo stesso tempo, intelligente, sostenibile e inclusivo, con, quindi, alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. Gli obiettivi chiave di questo percorso sono stati così declinati attraverso la definizione di cinque ambiziosi obiettivi da raggiungersi, appunto, entro il 2020.



In particolare, in termini di occupazione, l’Europa si proponeva, cinque anni fa, di raggiungere, nei 28 paesi membri, un tasso di partecipazione al mercato del lavoro, nella fascia tra i 20 e i 64 anni, del 75% (si partiva dal 70,3% del 2008). L’Europa registra oggi, a metà del cammino, un dato (aggiornato al 2013) che, modestamente, si ferma al 68%. Nello stesso rapporto predisposto da Eurostat, e pubblicato nei giorni scorsi, si evidenzia che se il dato dell’occupazione femminile rimane sostanzialmente stabile (dal 62,8% al 62,6%), crolla quello maschile che dal circa 78% del 2008 passa a poco più del 74 %del 2013, ultimo anno di cui sono disponibili le rilevazioni.



Allo stesso modo è cresciuto, ahimè, il numero di europei a rischio povertà. Se questi erano 116 milioni nel 2008, nel 2013 si stima che tale cifra sia arrivata a 121. Vale la pena sottolineare come l’obiettivo, direi molto ambizioso, per il 2020 era di far crollare questo bacino a “solamente” 96 milioni di persone.

Migliorano, però, i dati relativi all’istruzione. Gli abbandoni scolastici (l’obiettivo per il 2020 è il 10%) passano da più del 14% al 12%. Stesso trend per il numero di “giovani” sotto i 35 anni in possesso di un titolo di studio terziario. Se nel 2008 questi erano solo il 31%, dopo 7 anni, il dato sfiora il 37%. Forse, in questo caso, il 40%, posto come target per il 2020, non è poi così lontano.



Ma veniamo ai dati di casa nostra. Prudentemente l’Italia si era posta obiettivi più “sostenibili”: raggiungere un tasso di occupazione, nel 2020, tra il 67% e il 69%. L’ultimo dato ci dice che siamo ancora di poco sotto al 60%, fermandoci al 59,8%. Nel 2008 lo stesso indicatore registrava un più rassicurante 63%: la crisi ha, insomma, portato fuori dalla forza lavoro ben il 4% dei nostri concittadini. Parallelamente, infatti, la percentuale di italiani a rischio di povertà è passata da quasi il 24% del 2008 al 28,4% del 2013.

Migliori i dati, anche in questo caso, per quanto riguarda l’educazione. Gli abbandoni scolastici, sebbene ancora lontani dal 10% previsto a livello europeo, calano dal 19% al 17%, avvicinandosi a quel 15-16% che ci eravamo dati come obiettivo nazionale. Dati un po’ più confortanti, ma non troppo, anche si guarda ai giovani in possesso di un titolo di educazione terziaria. L’obiettivo era del 26-27%. Siamo passati, in questi anni, da un modestissimo 19% a un, ancora troppo basso, 22%. C’è, infatti, ancora molto da fare se si pensa che l’Europa si pone l’ambizioso target del 40% e che, in ogni caso, già ad oggi, nel continente, si arriva al 37%.

In questo quadro operano, e vanno a insistere, le riforme dell’esecutivo Renzi, prima di tutto, quella della “Buona Scuola” e il “Jobs Act”. Riusciranno, quindi, questi provvedimenti a far “cambiare verso” al nostro Paese, e all’Europa, e a imprimere quella #svoltabuona tante volte promessa e annunciata?

In questa prospettiva la capacità di avvicinarsi, il più possibile, agli ambiziosi obiettivi di Europa 2020 rappresenta certamente una sfida avvincente che deve essere giocata e si deve provare a vincere. L’Italia del 2020, i nostri giovani, lo merita.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com

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