Il ministero del Lavoro ha reso noti ieri i dati relativi ai movimenti avvenuti sul mercato del lavoro nel mese di marzo. Si tratta del primo mese di applicazione delle nuove forme contrattuali introdotte dal Jobs Act e quindi questi dati possono essere visti come i primi effetti reali conseguenti alle decisioni prese da Governo e Parlamento.



Nel mese di marzo abbiamo avuto 641.572 nuovi contratti di lavoro contro 549.273 cessazioni. Il saldo positivo è quindi di circa 90.000 nuovi posti avviati su base mensile. Dei complessivi, 162.498 sono contratti a tempo indeterminato. Sono a tempo determinato 381.234, ben 16.844 sono contratti di apprendistato e 34.460 sono collaborazioni. Infine, 44.536 sono contratti di vario tipo, classificati nella voce “altri contratti”.



Il saldo attivo rispetto alle cessazioni è dato da una crescita dei contratti a tempo indeterminato (+30.000), dal tempo determinato (+70.000), dall’apprendistato (+2.000). Calano invece le collaborazioni (- 10.000) e i contratti vari (- 2.000). Complessivamente, dei contratti a tempo indeterminato ben 40.000 erano precedentemente a tempo determinato.

Va detto che i dati forniti sono l’esito dell’elaborazione delle Comunicazioni obbligatorie. Registrano quindi ciò che succede realmente sul mercato del lavoro in un dato periodo di tempo: tutti i cambiamenti, sia per sostituzione, per mobilità o per apertura di nuovi posti.



Certamente, il dato più rilevante è la crescita dei contratti a tempo indeterminato. Dopo un lungo periodo in cui si assisteva all’aumento delle diverse forme contrattuali “a termine” e “flessibili”, abbiamo tale crescita dei contratti a tempo indeterminato con all’interno una significativa quota di rapporti di lavoro che erano a termine.

L’introduzione del contratto a tutele crescenti mirava proprio a questo obiettivo: avere un contratto stabile più competitivo rendendo più lineare sia i processi di ingresso al lavoro, sia i processi di rottura contrattuale. Se i risultati di questo primo mese troveranno conferma nei prossimi periodi e se sosterranno anche una fase di ripresa economica, possiamo dire che il risultato sarà stato raggiunto. 

Il nuovo contratto sposta verso occupazione di qualità molti lavoratori che prima erano impiegati con contratti che mascheravano il reale rapporto di lavoro subordinato. Questa era la causa di un mercato del lavoro duale, in cui una quota di lavoratori era in un sistema di tutele esteso e un’altra godeva solo di tutele parziali. La scommessa che il superamento di questo gap avrebbe permesso di avere un nuovo sistema di tutele esteso a tutti viene consolidata dai risultati del primo mese utile.

A conferma di aver colto una lettura corretta di quanto stava pesando un dualismo ormai dannoso al mercato, sono anche i dati relativi a forme contrattuali meno diffuse. Aver semplificato il peso burocratico sull’apprendistato ha permesso un primo segnale positivo fin da questo mese di avvio. Se le decisioni relative all’apprendistato di primo livello troveranno conferma anche nell’azione delle regioni e nella disponibilità sindacale, l’apprendistato potrà diventare il reale contratto di inserimento per i giovani che entrano nel mercato del lavoro. Il recupero di professionalità tecniche e manuali che possono formarsi solo con un periodo formativo “on the job” potranno trovare in questa forma contrattuale la base per un sostegno reale contro i tanti piagnistei sul fatto che i giovani non vogliono più fare determinati lavori.

Altro dato importante è il calo delle collaborazioni. La scelta operata con il Jobs Act è stata quella di non proseguire con una posizione ideologica che voleva superare ogni forma di collaborazione, cercando quindi di mantenere quelle reali e cancellando quelle forme che mascheravano un contratto di lavoro subordinato e continuativo. Per questo sono stati eliminati i contratti a progetto e si sono lasciati quelli di collaborazione. Per questi contratti si sono previsti limiti sui rinnovi per non indurre di nuovo a un uso distorto, ma senza continuare su una linea che condannava in toto la possibilità di rapporti di lavoro autonomo. Peraltro sono collaborazioni tutti i contratti per gli amministratori di società e questi non potevano certo essere aboliti.

Il calo dei contratti di collaborazione registrato nel mese di marzo è significativo e questo dato proseguirà. È iniziato il superamento dei contratti a progetto e man mano che si avviano a conclusione porteranno alla crescita, come già è evidente dai dati, dei contratti a tempo determinato o direttamente a nuove assunzioni a tempo indeterminato.

Complessivamente si può dire che il mercato del lavoro fotografato dai dati del “primo mese di Jobs Act” è più normale: il dualismo diminuisce e probabilmente sarà superato. I contratti si spostano verso lavori più stabili e la ripresa della domanda economica potrà contare su un mercato del lavoro più giusto e più efficiente. Non è poco per un Paese che sembrava destinato a rimanere fuori dai processi di cambiamento del lavoro in atto in tutta Europa.